Terremoti
Vescovo Rieti a funerali: ricostruzione non sia querelle politica
Uccidono opere uomo. Non chiamare in causa il destino
Amatrice, 30 ago. (askanews) - "Il terremoto non uccide. Uccidono le opere dell'uomo!". Ad affermarlo è stato il vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili, nel corso della sua omelia per le solenni esequie dei morti di Amatrice e di Accumoli nel corso della quale ha anche invitato a non trasformare la ricostruzione in una "querelle politica".
Il vescovo ha ricordato che "Dio non può essere utilizzato come il capro espiatorio" anche in casi di tregedie come quelle del terremoto e della "devastazione di Amatrice e di Accumoli".
"Come pure, va evitato di accontentarsi di risposte patetiche e al limite della superstizione. Come quando si invoca - ha detto il vescovo - il destino, la sfortuna, la coincidenza impressionante delle circostanze. A dire il vero: il terremoto ha altrove la sua genesi! I terremoti esistono da quando esiste la terra e l'uomo non era neppure un agglomerato di cellule. I paesaggi che vediamo e che ci stupiscono per la loro bellezza sono dovuti alla sequenza dei terremoti. Le montagne si sono originate da questi eventi e racchiudono in loro l'elemento essenziale per la vita dell'uomo: l'acqua dolce. Senza terremoti non esisterebbero dunque le montagne e forse neppure l'uomo e le altre forme di vita".
Iniziando i funerali solenni, monsignor Pompili ha detto: "Siamo qui per pregare" prima di iniziare a leggere la lunga lista di tutti i nomi delle vittime del sisma, sotto il tendone allestito ad Amatrice e dove erano state disposte le bare tra le quali due bianche. In silenzio i familiari e la folla di persone arrivate per dare l'ultimo saluto. Una folla che non era riuscita ad entrare sotto il tendone allestito dalla protezione civile e dai vigili del fuoco e che è rimasta raccolta tutta intorno al piazzale, con gli ombrelli a ripararsi dalla pioggia. Il vescovo Pompili ha poi chiesto ai politici presenti che proprio la ricostruzione dopo il dramma del terremoto del 24 agosto che ha devastato il Centro Italia non si trasformi in "una 'querelle politica' o in una forma di sciacallaggio di varia natura", aggiungendo che "disertare questi luoghi sarebbe ucciderli una seconda volta.
Abitiamo una terra verde, terra di pastori, - ha quindi aggiunto - dobbiamo inventarci una forma nuova di presenza che salvaguardi la forza amorevole e tenace del pastore".
Monsignor Pompili ha, poi, indicato l'esempio di Cristo anche nella sofferenza. "Le parole del Maestro sono come un balsamo sulle ferite fisiche, psicologiche e spirituali di tantissimi.
Troppi. Non basteranno giorni, ci vorranno anni", ha quindi aggiunto nella sua omelia.
"Sopra a tutto è richiesta una qualità di cui Gesù si fa interprete: la mitezza. Che è una 'forza' distante sia dalla muscolare ingenuità di chi promette tutto all'istante, sia dall'inerzia rassegnata di chi già si volge altrove. La mitezza dice, invece, - ha concluso - di un coinvolgimento tenero e tenace, di un abbraccio forte e discreto, di un impegno a breve, medio e lungo periodo".
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