CHEF SACCO
Vi faccio assaggiare e riscoprire il sapore del lago
Il sistema lacustre di Piemonte e Lombardia è in fermento. A puntare i riflettori sul sistema delle acque interne e ad accendere le coscienze di uomini del settore e dei consumatori è Marco Sacco, chef bi-stellato e patron del ristorante Piccolo Lago a Verbania che si affaccia proprio sullo specchio d’acqua pulitissimo di Mergozzo, all’avanguardia per sistema di depurazione e controllo dell’inquinamento. Uomo e professionista dalle mille idee, sempre in movimento e sempre pronto a intraprendere nuove sfide, chef Sacco ha creato il Movimento Gente di lago un laboratorio che unisce cuochi di fama internazionale, esperti ricercatori, pescatori e gente comune per discutere di eco-sostenibilità e ripopolamento dei laghi. Raccontare il mondo delle acque dolci, dare loro dignità e valore a un territorio e ad una materia prima che stanno andando perdendosi.
Chef, cos’è per lei il lago?
«Il lago di Mergozzo è stato il mio oratorio. Quel luogo magico che fin dall’infanzia mi ha fatto scoprire gli amici, la condivisione dello cose con i miei coetanei, il giocare. Una componente fondamentale che mi ha aiutato a diventare adulto. Oggi mi rendo conto però che il lago è cambiato completamente. Non sono nostalgico, non voglio tornare a quei tempi, so che è impossibile. Ho voluto unire semplicemente le esperienze che ho fatto da bambino a quelle del professionista e dell’uomo che sono oggi. Perché il lago me le porto dentro e lo vivo a 360 gradi».
Come e perché è nato il Movimento Gente di lago?
«È nato per la vita, da un’esigenza che è quella di guardare quello che è il lago oggi. Come dicevo, la situazione è cambiata e mi sento, come uomo, responsabile delle cose come stanno oggi. Così ho cominciato a pensare come fare per cercare di cambiare questa situazione e a cosa succederà tra dieci, quindici o trent’anni nelle nostre acque interne. Questi pensieri mi hanno spinto a chiamare colleghi, a parlare coi pescatori, con la gente di lago, con gli ittiologi che mi hanno raccontato l’evoluzione dell’acqua da quando io ero bambino ad oggi. Così mi sono fatto un’idea più chiara: in questi anni abbiamo vissuto portando avanti pensieri e valori che non sono più quelli di un tempo, ed è nostro compito parlarne per dare alle nuove generazioni una nuova prospettiva di vita. Il movimento vuole proprio animare una discussione che porterà a individuare dei progetti importanti per il benessere della natura e dell’uomo affinché il lago torni ad essere quell’oratorio che ho vissuto io, ma con una visione futuristica».
Il Movimento coinvolge solo Mergozzo?
«È partito dalla mia acqua che è quella del lago di Mergozzo, ma la mia intenzione è quella di coinvolgere tutti. Il lago di Varese ad esempio ha delle sue caratteristiche specifiche, parliamone. Così il Maggiore o il Ceresio. Nel Movimento può confluire e immedesimarsi davvero tantissima gente che chi per un motivo, chi per un altro, ha fatto esperienze diverse che possono aiutare a fare chiarezza e dare input importanti. Ognuno ha la responsabilità di capire quale sarà il futuro di ogni specchio d’acqua e delle acque interne, altrettanto importanti, perché altrimenti niente ha più senso. Dobiamo capire cosa vogliamo fare se lo vogliamo inquinare o proviamo a farlo tornare pulito, se vogliamo pescare oppure solo ripopolarlo. Insomma dobbiamo porci delle domande fondamentali e tracciare una linea guida chiara per il futuro».
Possiamo dire che la sua è una sorta di chiamata alle armi?
«Mi piace questa definizione anche se il nostro Movimento è assolutamente pacifista, non vogliamo far male a nessuno, anzi. Non possiamo sempre lamentarci e basta. Penso che sia arrivata l’ora di agire con una logica di ecosistema, ecosostenibilità che confluiscono nel prossimo futuro in un business che abbia tutte queste caratteristiche. Devo ammettere che dalla sua nascita il Movimento ha ricevuto una grande risposta da parte dei media, degli imprenditori e anche dalla gente comune. Si sono subito appassionati tutti, tanto che il prossimo anno il Movimento prenderà forma e probabilmente diventerà un’associazione».
Quanto la situazione che il lago sta vivendo è legata a una mancanza di cultura?
«Parte tutto dalla cultura, è fondamentale secondo me. Io sono uno chef due stelle Michelin, cucino e realizzo piatti di pesce. La mia ricerca parte dalla materia prima: vado a cercare il pesce in quelle aziende che fanno acquacoltura in un certo modo e che mi offrono trote, ad esempio, che sono identiche a quelle selvagge. Il mio compito è valorizzare questa ottima materia prima servendola a tavola al meglio, ma non può finire tutto dopo che il cliente ha mangiato un piatto buono. Nostro compito è anche andare dietro alla storia di questo piatto e far capire che cos’è una trota, trasmettere le caratteristiche del pesce e le difficoltà che vive oggi nei nostri laghi per aiutarlo tutti insieme. Abbiamo il dovere di informare la gente e aiutarla ad approfondire l’argomento. Ecco, questa per me è la cultura».
Noi parliamo di pesce di lago, della sua bontà e importanza, ma noi consumatori dove possiamo trovare la carpa, l’anguilla o il coregone?
«Negli anni Settanta c’erano 130 famiglie che vivevano di pesca sul lago Maggiore, oggi sono rimaste in 7 o 8. Non si pesca più e la gente non sa più dove acquistare questo grande prodotto. Tra i vari progetti del Movimento c’è proprio quello di creare una società, magari sulla piana del Toce dove gli spazi non mancano, per fare acquacoltura ovvero allevare del pesce che in parte servirà per ripopolare le acque e in parte potrà andare sulle tavole di chi vorrà mangiare pesce di lago. A quel punto all’interno dei supermercati o di pescherie specializzate troveremo proprio la trota del Movimento gente di lago allevata non più in quantitativi disumani, ma eticamente. Posso passare come un visionario, ma io la vedo così. Questo sarà il nostro futuro magari neanche troppo lontano. E allora parliamone.»
È molto interessante il discorso che fa sull’ecosostenibilità dell’allevamento che non deve fare male né al lago né al pesce, ma sono effettivamente fattibili?
«Basta guardarsi in giro. Non sto inventando proprio nulla di nuovo, esistono già degli esempi di acquacoltura sostenibile in Trentino, Svizzera, Austria e Norvegia che lavorano con dei livelli di tecnologia incredibili. Si alleva il pesce in condizioni migliori di quelle che avrebbe nel suo ecosistema naturale abbassando del 60 per cento l’utilizzo di antibiotici. Il pesce quasi è quasi come se fosse allo stato brado. Ogni scarto ha inoltre una sua funzione: le acque ad esempio servono poi per annaffiare gli orti perché ricche di concime. Questa è l’acquacoltura ecosostenibile come la intendo io. Dobbiamo pensare a qualcosa di simile e riproporla nelle nostre acque: prendiamo quella bella trota marmorata che vive nel Mergozzo da vent’anni e insieme a lei degli ovuli, mettiamoli nel nostro incubatoio e lei la ributtiamo nelle sue acque. A fare in modo che quelle uova diventino avannotti ci pensiamo noi uomini, intelligenti. Una parte dei suoi figli li ridiamo alla natura e un’altra parte sarà per noi che siamo golosi. Dobbiamo anche essere logici nelle cose: ci piace mangiare il pesce e dobbiamo aiutiamo la natura a darcelo facendo bene alla trota e a noi. Penso che un ragionamento così sia onesto».
A livello di istituzioni chi ha risposto concretamente alla sua chiamata?
«Le istituzioni è stata effettivamente la parte più complicata, ma perché si muove con meccanismi burocratici lentissimi e fatica a stare dietro alla società che invece cammina in fretta. Devo dire però che il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) è uno degli enti che ci ha sostenuto da subito, così come la Commissione internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere e la Regione Piemonte. Ripeto, la parte burocratica è lenta, ma ce la faremo. Proprio qualche giorno mi trovavo al Ministero con l’Associazione italiana ambasciatori del gusto di cui faccio parte e ho parlato al ministro Martina del Movimento che ha molto apprezzato il progetto. Sulle acque interne ha infatti affermato il ministro si fa tanto ma tutto spezzettato, si potrebbe così pensare di riunire tutto sotto un cappello unico che potrebbe proprio essere il Movimento».
Uno dei progetti di Gente di lago si articola anche attraverso delle serata e tema aperte al pubblico.
«Si sono già tenuti nel mio ristorante due dei tre appuntamenti previsti per quest’anno, il primo sulla trota e il secondo sulla carpa. L’idea è proprio quella di unire la tipica serata gourmet alla cultura e personalmente sono stato molto soddisfatto di come sono andate. Ai fornelli del Piccolo Lago insieme a me ci si sono stati stimati colleghi che hanno subito sposato la mia filosofia lacustre e hanno accettato la sfida di valorizzare il pesce di acqua dolce, mentre per la parte di approfondimento abbiamo avuto ospiti speciali come ad esempio Pierpaolo Gibertoni, esperto ittiologo e veterinario. È stata una soddisfazione poter parlare con persone che mai aveva gustato il pesce di lago e sentire quanto sono rimasti stupiti della sua bontà. Il pesce di lago è sempre ingiustamente visto come prodotto di serie B rispetto al mare. Sono entrambi pesci ma con caratteristiche diverse e il mio lavoro sta proprio nel valorizzarlo nel modo giusto. Quella con la carpa è stata una vera e propria sfida perché è un pesce difficile. La gente l’ha mangiata e si è stupita di quanto possa essere buona. Questa per me è stata la conferma che abbiamo ancora tante cose da dire e mi fa pensare che sto lavorando nella giusta direzione».
Quel è il suo pesce preferito?
«La regina del lago, la trota».
Ci regala una ricetta veloce veloce a prova di chef della domenica con questo pesce come protagonista?
«Per prima cosa bisogna sapere che la trota fa parte della famiglia dei salmonidi e quindi ha una molecola a grappolo d’uva. Questo comporta che se vai a cucinarla troppo otterrai che si stringe, lascia l’acqua e diventa stopposa, per intenderci fa l’effetto salmone coi pallini bianchi. Detto ciò acquistiamo un trancio di trota allevata come si deve e con lo stesso spessore di un salmone. Prendiamo una casseruola, la portiamo a temperatura, mettiamo dentro uno spezzatino di aglio e una fogliolina d’alloro e andiamo ad adagiarvi la trota dalla parte della pelle. Mettiamo mezzo bicchiere di acqua e copriamo la casseruola. Spegniamo il fuoco e lasciamola lì dieci minuti. La trota cuocerà a vapore in maniera naturale mantenendo i 60 gradi che è il punto limite della cottura. Passati i dieci minuti togliamola dalla casseruola, mettiamo nella sua acquetta un goccio di burro e andiamo a legarla. Questa è la trota perfetta».
Per quelli invece che vogliono cimentarsi in qualcosa di più raffinato, per Natale uscirà il ricettario con i piatti realizzati nelle serate gastronomiche (la terza ed ultima si terrà il 12 ottobre e avrà come protagonista lo storione) e che oltre a chef Sacco vede tra l’altro nomi del calibro della famiglia Cerea (ristorante Da Vittorio, tre stelle Michelin), di Leandro Luppi (ristorante Vecchia Malcesine, una stella Michelin) e dei fratelli Serva (ristorante La Trota, due stelle Michelin), solo per citarne alcuni. In questo modo il pesce di lago entrerà nelle cucine di tutte le famiglie italiane.
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