Yukos
Yukos, Russia: procedura confisca proprietà russe in 6 Paesi
Con "tentativi di recupero di vari tipi di beni"
Mosca, 25 feb. (askanews) - Gli ex azionisti della compagnia petrolifera Yukos hanno avviato una procedura legale per la confisca di proprietà russa in sei paesi con "tentativi di recupero di vari tipi di beni". Lo ha riferito il ministro della Giustizia russo Alexander Konovalov, sottolineando che "in ogni caso" la Russia utilizzerà "tutti i mezzi giuridici previsti dalla legislazione".
Le richieste degli azionisti della Yukos seguono "la sentenza del Tribunale dell' Aja" che ha scatenato "una lunga lotta", ha detto il ministro.
Lo scorso giugno, durante l'ultimo Forum Economico Internazionale a San Pietroburgo, le autorità russe hanno ricevuto le prime notifiche di confisca dall'Europa. Il ministero degli Esteri belga aveva annunciato procedure di congelamento dei conti bancari e delle proprietà delle missioni diplomatiche russe in Belgio. La misura ha bloccato per qualche giorno le attività delle rappresentanze di Mosca presso l'Unione europea e la Nato. Una serie di confische e congelamenti simili era in corso anche in Francia, a carico stavolta della banca russa Vtb e del colosso mediatico Rossija Segodnja.
Belgio e Francia hanno negato il loro coinvolgimento diretto, spiegando che le confische sono state ordinate dai giudici nazionali per via dei risarcimenti riconosciuti dalla Corte permanente di arbitrato dell'Aja in relazione ai tre arbitrati tra la Federazione russa e gli azionisti di Yukos.
Questi arbitrati, iniziati nel 2005 e conclusi il 18 luglio 2014, riguardavano lo scioglimento della più grande major petrolifera russa che per evasione fiscale fu smantellata e acquisita in gran parte da Rosneft, la compagnia controllata dal governo, che divenne così il principale attore russo in campo petrolifero.
La Corte, riconoscendo nello scioglimento di Yukos una violazione della Carta europea dell'energia del 1991, ha dimezzato le richieste degli azionisti di Yukos, chiedendo una cifra comunque straordinaria: 50 miliardi di dollari. Anche la Corte europea dei diritti umani si era pronunciata sul caso, fissando però il risarcimento a poco più di 2 miliardi: una sanzione 21 volte superiore a qualsiasi altra mai comminata dalla Corte di Strasburgo. Tuttavia la Carta europea dell'energia, è un trattato che Mosca non ha mai ratificato e dal quale si è persino chiamata fuori nell'ottobre 2009.
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