LA SENTENZA
Zoppo, condanna. E sconto
Scende di dieci mesi la pena al presidente della Pro Patria che fece sognare i tifosi: quattro anni e due mesi

Leggero sconto di pena in appello per Giuseppe Zoppo.
L'ex presidente della Pro Patria si era presentato la mattina di martedì 13 gennaio davanti alla seconda Corte d'Appello di Milano (nel collegio anche Concetta Lo Curto, giudice a latere nel processo Ruby che ha mandato assolto l'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi) col fardello di una condanna a cinque anni per bancarotta fraudolenta, tentata truffa e appropriazione indebita, inflittagli nel maggio di quattro anni fa dal gup del Tribunale di Busto Arsizio Alessandro Chionna al termine di un giudizio con rito abbreviato.
Se ne è uscito nel pomeriggio, dopo un'udienza tutto sommato piuttosto rapida, con una parziale riforma (a suo favore) del verdetto di primo grado: complice una riduzione di 10 mesi, il cinquantenne imprenditore di origini campane (è originario di San Marcellino, in provincia di Caserta), difeso dall'avvocato Angelo Colucci, è stato condannato a quattro anni e due mesi di reclusioni.
Probabile - anzi pressochè scontato -, il ricorso in Cassazione per Zoppo che, per la cronaca, tra la primavera e l'autunno del 2009 ha già scontato sei mesi, tra carcere e arresti domiciliari.
Dietro lo sconto di pena di cui usufruisce l'ex azionista di maggioranza della società Czg Consulting, accusato del crack finanziario della Pro Patria Gallaratese (la società calcistica fallita è in seguito rinata come Aurora Pro Patria) durante la controversa stagione in C1 targata 2008-2009 e di un ammanco di circa 3 milioni di euro (a sentire la difesa, però, l'ammanco non supererebbe i 190 mila euro...), c'è essenzialmente la riqualificazione della tentata truffa ai danni della curatela fallimentare (in concorso con l'ex team manager della Pro Patria Francesco Ceravolo) nel reato normato dall'articolo 232 della legge fallimentare che fa esplicito riferimento alle "domande di ammissione di crediti simulati (o distrazioni senza concorso del fallito)". Alla base della contestazione di reato una fattura da 450 mila euro emessa a titolo di provvigione per l'ingaggio dell'attaccante brasiliano Raymundo Do Prado che però era stato valutato a cifre nettamente inferiori. In estrema sintesi, l'imprenditore che portò al fallimento la Pro Patria dopo aver fatto sognare la Serie "B" è stato assolto da quest'ultima imputazione con la formula «per non aver commesso il fatto». Stessa imputazione riqualificata anche per l'altro concorrente in quest'ultimo reato, il 55enne ex direttore sportivo Franco Ceravolo, difeso dall'avvocato Luigi Chiappero (noto per essere stato l'avvocato della Juventus in tutte le vicende legate a Calciopoli e dintorni...), che non solo si è visto ridurre la condanna da un anno e quattro mesi di reclusione (senza la sospensione condizionale della pena) ad otto mesi, ma ha anche ottenuto, attraverso il riconoscimento delle generiche, il beneficio della condizionale e della non menzione della pena. Generiche per altro sollecitate anche dal sostituto procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano Sandro Celletti, che aveva invece chiesto la conferma in toto della sentenza di primo grado per Zoppo.
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