L'ENERGIA
A caccia del petrolio prealpino
Mac Oil investe 5 milioni di euro e chiede i permessi di trivellare in 41 Comuni del Varesotto
Casale Libia e Kuwait Trevisago
Gazprom chiude i rubinetti del gas? Pazienza. Metano e petrolio lo cerchiamo in casa. Dove?
A “Casale Libia”, “Kuwait Trevisago” e “Arcisate Saudita”. Ma sono ben quarantuno i Comuni della provincia di Varese per i quali la Mac Oil spa ha avanzato la cosiddetta “Richiesta di verifica di assoggettabilità a Via (Valutazione di impatto ambientale)" della Regione Lombardia. La società americana, sorella del colosso Petrocorp Inc, sta chiedendo la possibilità di cercare idrocarburi: gas e petrolio, eventualmente nascosti nel mini “Golfo Persico” fra i laghi delle Prealpi. Precisamente in un'area di 212,80 chilometri (ovvero un quinto della provincia) compresa in un rettangolo disegnato fra Viggiù, Venegono Superiore, Crosio della Valle e Cocquio Trevisago, sconfinando anche nel Comasco.
Il progetto Cartabbia
Il progetto “Cartabbia” viene spiegato tutto nelle 229 pagine che compongono la documentazione inviata agli uffici regionali, partendo dal motivo per cui i “cacciatori di idrocarburi” ritengano che proprio qui ci siano delle preziose risorse energetiche da stanare. Appunto, perché proprio qui? Merito di particolari conformazioni geologiche presenti nelle sequenze Liassico-Triassiche fra il valico di Gaggiolo, il Monte San Giorgio, il Campo dei Fiori e la Formazione di Besano.
Insomma, dove si sono sempre trovati fossili “viventi” (dinosauri e simili) ora si andranno a cercare altri fossili, vale a dire quelli combustibili, decisamente più remunerativi.
«La ricerca - si legge nel documento - si propone di individuare giacimenti situati in trappole a media profondità. Qualora dall'indagine venisse confermata la presenza di giacimenti tecnicamente ed economicamente interessanti, verrà predisposta la perforazione di un pozzo esplorativo, che potrà raggiungere la profondità stimata di circa 4.000 metri».
Le trivellazioni svolte finora nella zona - e si parla degli anni 1970/'71 dalle parti di Brenno Useria e Morazzone - hanno dato esito negativo. Stavolta si ritenterà con strumenti ultramoderni: «Di sicuro non c'è mai niente - spiega Christian Ceppi, geologo della Mac Oil, - ma le nostre indicazioni sono positive. Studi analoghi effettuati nel Canton Ticino stanno dando dei risultati incoraggianti, mentre in quella zona sono segnalati diversi episodi di affioramenti di gas naturale».
Cinque milioni, aspettando un sì
Tanto è bastato per aprire la caccia all'oro nero e investirci circa 5 milioni di euro. Sempre che la Regione Lombardia (struttura ricerca energetica e attività minerarie, direzione generale ambiente, energia e reti) dia i permessi necessari e soprattutto se l'indagine geologico-sismica suggerirà di raggiungere l'ultimo stadio dello studio: l'apertura di un pozzo esplorativo.
A quel punto, si stima fra circa tre anni, entreranno in azioni le trivelle: sette mesi complessivi di lavoro in cui si scenderà nelle viscere della terra. In superficie sarà allestito un campo di circa un ettaro, comprendente torre di perforazione con la testa del pozzo, sistema per la produzione, la gestione e lo stoccaggio del fango, motori per la generazione dell’energia elettrica e zona di logistica e di supporto (magazzini, officine, uffici). Nel bel mezzo dell'Insubria, non in Iraq.
Dove cercare?
Ecco infine l'elenco dei Comuni varesini interessati dal progetto, che il primo febbraio hanno ricevuto la comunicazione della Mac Oil, firmata dal presidente James Fitzsimons sull'avviamento della procedimento: Arcisate, Azzate, Barasso, Bardello, Biandronno, Bisuschio, Bodio Lomnago, Brunello, Buguggiate, Cantello, Caronno Varesino, Casale Litta, Casciago, Castiglione Olona, Castronno, Cazzago Brabbia, Clivio, Cocquio Trevisago, Comerio, Crosio della Valle, Daverio, Galliate Lombardo, Gavirate, Gazzada Schianno, Inarzo, Induno Olona, Lozza, Luvinate, Malnate, Morazzone, Mornago, Saltrio, Sumirago, Ternate, Varano Borghi, Varese, Vedano Olona, Venegono Inferiore, Venegono Superiore, Vergiate e Viggiù.
Arabia esaurita? Ecco l'Insubria
Costa meno che trivellare nei mari e, visti i chiari di luna in Medio Oriente e in Russia e l'impennata del prezzo dei prodotti petroliferi, molti imprenditori hanno puntato sul "made in Italy". I permessi del Ministero dello Sviluppo economico sono in crescita di anno in anno: nel 2012, "progetto Cartabbia" compreso, quelli su terraferma sono stati 66. Qui secondo il bollettino governativo è stimata la presenza di riserve sicure e documentate ancora da estrarre pari a 800 milioni di barili di greggio e 150 di metano. Inoltre sarebbero presenti altri giacimenti con una potenzialità compresa tra i 400 e gli 800 milioni di barili di petrolio e da 120 a 200 miliardi di metri cubi di gas. Non si tratta di numeri da emirato, ma sono sufficienti ad attirare decine di investitori.
In attesa dello sviluppo di una politica energetica basata su fonti rinnovabili, rappresentano una boccata d'ossigeno per l’Italia, che dal punto di vista energetico dipende quasi interamente da Russia, Algeria e company. L'Italia è solo al 49° posto fra i produttori mondiali di petrolio per quantità (pari allo 0,1% del totale), pur ospitando il più grande giacimento dell'Europa continentale, a Val d'Agri (Basilicata). La qualità delle estrazioni, oltretutto, è in genere scarsa. Modesti anche i giacimenti di gas naturale, rilevati soprattutto nella Pianura padana, con i quali nel 2009 copriva circa il 15% del fabbisogno nazionale.
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