HOUSING SOCIALE
«Case per chi ne ha bisogno»
Meno spesa e migliore gestione: per la prima volta dopo anni i Servizi sociali hanno rispettato il budget fissato a bilancio. Cento persone abitano in appartamenti affittati da privati e gestiti da enti o associazioni

Un anno di lavoro, ma adesso l’assessore ai Servizi sociali Ilaria Ceroni non riesce a nascondere la propria soddisfazione: «La riorganizzazione è finita, ora siamo in grado di garantire una casa a chi ne ha davvero bisogno. E questo spendendo meno di quello che si spendeva prima, quando invece gli alloggi non bastavano mai».
La riorganizzazione è quella che ha interessato il servizio di housing sociale, cioè le case che il Comune mette a disposizione di chi si trova a vivere una momentanea situazione di emergenza. C’è chi perde il lavoro, chi per un motivo o per l’altro si ritrova tra capo e collo uno sfratto esecutivo. Cibo e casa sono i due pilastri su cui si fonda la vita di ogni individuo, per il Comune è un dovere provvedere ai bisogni di chi è in difficoltà. Complice la crisi iniziata dieci anni fa, purtroppo questo non risultava sempre una cosa semplice.
Nuova strategia
Fino allo scorso anno il Comune bandiva una gara e affidava il servizio di housing sociale in appalto. Palazzo Malinverni ci metteva 300mila euro all’anno, chi vinceva la gara doveva reperire sul mercato gli appartamenti facendosi garante presso i proprietari. A carico di chi aveva vinto l’appalto c’erano anche i servizi educativi che avrebbero dovuto aiutare la famiglia o il soggetto in difficoltà a ricostruirsi una vita. L’housing è infatti un passaggio, una soluzione temporanea in vista di un futuro da ricostruire. Purtroppo, la cosa funzionava fino ad un certo punto. All’inizio del 2018 vivevano in housing 150 persone, alcune erano in quella situazione da anni. E ogni anno il Comune era costretto a integrare i 300mila euro messi a bilancio con almeno altri 50mila euro. Perché soldi e case non bastavano mai. Ceroni ha imposto un cambio di prospettiva, da quest’anno il servizio funziona sulla base di accreditamenti. Il che significa che non esiste più un solo gestore, ma che diversi soggetti che hanno competenza in materia possono dare il loro contributo. In sostanza nel legnanese gli operatori storici sono tre: Cielo e Terra, la Fondazione Padri Somaschi e la Cooperativa Intrecci. Tutti si sono accreditati, tutti gestiscono appartamenti messi a disposizione dai privati, ma alla resa dei conti il servizio resta in capo al Comune.
Le ispezioni
Il risultato è stato una revisione generale del servizio, che ha permesso di seguire più da vicino le famiglie. Intanto la permanenza negli alloggi in housing è stata limitata a un anno, eventualmente prorogabile in casi eccezionali solo per un altro anno. Poi i funzionari dei Servizi sociali hanno avviato un programma di ispezioni, e così una volta al mese le famiglie ricevono la visita di assistenti che le aiutano a rimettersi in pista. «Abbiamo riorganizzato tutto - sintetizza Ceroni - Adesso le cose hanno ricominciato a girare». Oggi le persone ospitate in housing sociale sono un centinaio, per la prima volta dopo anni il budget di 300mila euro è stato rispettato. Si spende meno, i furbetti sono stati allontanati, nessuno punta più ad adagiarsi in una situazione d’emergenza e ci sono più case per chi si trova davvero in difficoltà.
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