IN TRIBUNALE
Anche un prete vittima della truffa delle auto
Processo ai tre titolari di una concessionaria: in aula sfilano i clienti rimasti a mani vuote

Tre imputati, gli amministratori di una società che acquistava e vendeva automobili, in particolare nella zona del Lago di Varese, difesi dagli avvocati Fabio Ambrosetti e Lorenza Marco. E la bellezza di 22 capi d’imputazione, la maggior parte dei quali relativi a casi di truffa, ma con reati contestati che sono anche quelli di falso, insolvenza fraudolenta e appropriazione indebita. È il processo di cui si sta occupando il giudice monocratico Anna Azzena e che vede in aula anche numerose parti civili, dato che sulla base dell’indagine condotta dalla Procura di Varese, le vittime di queste truffe in serie, da parte di una concessionaria che navigava in cattive acque, sarebbero state una ventina.
Venerdì sono state sentite così diverse parti civili e sono finite agli atti storie che possono sembrare minori ma che in realtà sconvolsero le vite delle persone coinvolte. Ecco allora, ad esempio, la vicenda dell’acquisto di una Opel Meriva, al prezzo di 15.900 euro, da parte di un gruppo di parrocchiani che volevano salutare il loro “pastore”, in partenza per un’altra comunità, sostituendo la sua auto, ormai «d’annata», con un mezzo nuovo di zecca. «La comunità pastorale mi incaricò di raccogliere il denaro e di procedere all’acquisto - ha raccontato in aula il teste - e quindi facemmo due collette tra i parrocchiani, in due domeniche diverse, e raccogliemmo in contanti la somma necessaria. Alla concessionaria consegnai due assegni circolari e iniziammo ad aspettare la macchina, che sin dall’inizio era presente nell’autosalone, ma la consegna fu continuamente posticipata per quelli che vennero definiti problemi di immatricolazione. E alla fine la Meriva non la ritirammo mai». Curioso il fatto che a un certo punto, nell’attesa della fantomatica immatricolazione, l’auto fu addirittura portata in parrocchia ed esposta come regalo al prete durante un evento pubblico. «Aveva una targa di prova - ha ricordato il teste - e il giorno dopo quelli della concessionaria vennero a ritirarla e la portarono via». Domanda del pm Marco Brunoldi: «Come finì la vicenda? I soldi vi furono restituiti, dato che l’auto non era stata consegnata?». Risposta sconsolata del teste: «Non ottenemmo l’auto e nemmeno i soldi indietro e alla fine la macchina nuova al parroco la comprai io personalmente...».
Altra parte civile, altra storia. Quella dell’acquisto di una Toyota Yaris al prezzo di 9.500 euro. Lo sfortunato acquirente ha raccontato che versò prima un acconto di 2.000 euro e poi, alla notizia che l’auto era arrivata, un saldo di 7.500. Ma da allora in avanti della Yaris nemmeno l’ombra. «Con il venditore c’era un rapporto di fiducia, ci conoscevamo da molti anni e avevamo gli stessi interessi in campo musicale - ha riferito il teste - e per questo restai davvero male». A un certo punto, poi, il venditore consegnò al cliente un assegno da 9.500 euro, non è chiaro se a titolo di rimborso per l’affare sfumato o a garanzia della futura consegna della macchina, con la richiesta di non incassarlo prima di trenta giorni. Ma quando il cliente andò in banca scoprì che quell’assegno non era coperto.
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