L’INTERVISTA
«Devo tutto alla provincia»
Antonella Clerici non dimentica la sua Legnano e prepara «il ritorno al Nord»

«Devo tutto alla provincia: per prima cosa ti insegna a restare coi piedi per terra». Parola della legnanese Antonella Clerici, conduttrice di “Sanremo Young”, il nuovo programma di Rai Uno dedicato ai giovani cantanti dai 14 ai 17 anni: la prossima puntata (vista la pausa del periodo elettorale) andrà in onda venerdì 9 marzo (semifinale) e poi ci saranno altri due appuntanti ravvicinati: il 14 marzo per “Let’s go to the final” e il 16 marzo per la “Finalissima”. Le prime due puntate hanno registrato un doppio record: il debutto aveva fatto il 20.4% di share con 4.480.000 spettatori, mentre la seconda puntata ha raggiunto il 18.5% con 4.072.000 spettatori.
È abituata ai successi, la stupiscono ancora?
«Ancora più di prima. Quando c’erano pochi canali era più facile, mentre adesso c’è una tale offerta tra le pay tv, il digitale e le varie piattaforme streaming che fare questi risultati è un grande motivo di orgoglio. Io dico sempre a mia figlia che noi siamo le ultime star della televisione, mentre oggi gli idoli di YouTube durano 6 mesi».
Sua figlia vuole fare tv?
«No e le sconsiglio di fare spettacolo, al massimo potrebbe lavorare dietro le quinte, ma credo che farà altro. Non ha particolari velleità canore o di danza, quindi non farà la showgirl. La sua dote più grande è la parola, la comunicazione, che sia verbale o scritta. E, ancora più stupefacente, è la sua grande ironia, una qualità insolita per una bimba di 9 anni, lo dicono anche le maestre. È lei il mio test numero 1, spesso è ipercritica e commenta tutto, persino i miei vestiti. D’altra parte mi sdoppio: in tv sono tutta lustrini e paillettes, a casa sto in jeans».
A proposito di lustrini, ricordiamo i suoi meravigliosi abiti al Festival, le piacerebbe rifarlo?
«Perché no? Ma dovrei trovare un’idea nuova, unica. Quella volta ero da sola, se dovessi rifare il Festival vorrei qualcuno a fianco con cui creare un’edizione super-divertente».
A Sanremo 2018 per chi simpatizzava?
«Senza dubbio Lo Stato Sociale. Loro sì che mi hanno fatta sorridere. Sono arrivati dal niente, cominciando a provare nel loro garage di Bologna. A me piacciono le piccole storie che sanno diventare grandi. Sarà perché vengo dalla provincia».
Cosa ci dice della sua Legnano?
«Lì sono cresciuta e ho fatto le scuole fino al liceo classico. La mia anima provinciale significa non sentirsi mai all’altezza, mai arrivate. Aiuta a restare umili. Qualche settimana fa ho intervistato Richard Gere e in me c’era ancora quello stupore che ha solo chi arriva dalle piccole realtà».
E la provincia le manca?
«Tanto. Da 20 anni vivo e lavoro a Roma, eppure non ho perso l’accento del Nord. Credo che l’Italia non sia rappresentata davvero dalle grandi città, ma dai paesi di provincia, dove esci ancora a chiacchierare con il prestinaio. In futuro conto di ritrasferirmi al Nord, forse già l’anno prossimo. A Roma ho amici e colleghi, ma a Legnano e dintorni ho la mia famiglia».
A proposito di un calabrese diventato da poco varesino, cosa dice del sassofonista Federico Limardo, nell’orchestra di Sanremo Young?
«Bravissimo come tutti loro. Sono una grande forza per il programma, 40 elementi tutti dai 18 ai 26 anni, quindi davvero giovani. Li incontro in albergo a pranzo, a colazione, a me piace chiacchierare con tutti, non me la tiro».
Un giudizio sui giovanissimi cantanti?
«Sono adolescenti ed è un’età più difficile. Non posso fare da mamma, piuttosto sono una specie di zia o amica, devo instaurare una nuova modalità di interazione, né infantile e neanche saccente. La fascia 14-17 anni è importante, si impara a gestire la gara, le sconfitte. A quell’età si capisce già chi ha talento e chi è davvero nato per stare sul palco. È una scuola di vita».
E quando non lavora Antonella che fa?
«Ho comprato una mega tv da 50-60 pollici, siccome non ho tempo di andare al cinema guardo i film a casa. In questi giorni ho visto “Qua la zampa!”, bellissimo ed emozionante, insieme a mia figlia. Di recente è morto il mio cane Oliver, mio compagno di vita per 15 anni e durante il film ho pianto».
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