IL PRESIDENTE
«In Provincia serve un dialogo vero»
Emanuele Antonelli: basta annunci, ora il fare

Il Next Generation Ue mette a disposizione dell’Italia 210 miliardi di euro, che uniti ai fondi stanziati dal governo con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) arrivano a mobilitare oltre 300 miliardi.
L’attuazione del piano di investimenti sul territorio passa attraverso l’opera di progettazione degli enti locali e Prealpina ha deciso di chiedere ai principali amministratori della provincia qual è la loro visione sul tema.
Sindaco Emanuele Antonelli, potesse scegliere un’opera su cui investire per la sua città, per Busto Arsizio, quale indicherebbe?
«Non credo di poter rispondere in modo univoco: la nostra città da un lato ha operato diversi investimenti su aspetti che attendevano risposte già in questi ultimi 5 anni e ricordo, ad esempio, il project financing per l’area sportiva di Beata Giuliana o per l’illuminazione pubblica, i tanti milioni di euro spesi per la manutenzione delle nostre scuole – un’eccellenza di cui andiamo orgogliosi». «E ancora, i progetti per i bandi per la rigenerazione urbana che cominciano a prendere forma. Dall’altro, però, ha tante piccole situazioni che richiederebbero il nostro intervento e che il Pnrr certamente potrà aiutare a risolvere. Sono abituato a parlare con i numeri e a “sognare” sempre con i numeri, non mi piace quindi parlare di progetti che poi probabilmente non potranno essere realizzati. Comunque, due progetti fondamentali per Busto sono la riqualificazione totale di due aree che riguardano le nostre stazioni ferroviarie e parliamo di aree centrali e di dimensioni importantissime. Questi interventi, se realizzati, trasformeranno in positivo completamente il volto della città. E poi se proprio mi chiede di indicare una priorità, metterei un sistema completo di percorsi e corsie ciclabili. Busto Arsizio è la sesta città della Lombardia e la rivoluzione della transizione ecologica deve partire da qui, dai nostri territori, che devono guidare a comportamenti virtuosi e sostenibili. Non è uno scherzo, la nostra società ha fatto passi da gigante dopo il Secondo conflitto mondiale, è arrivato il tempo di restituire alle nuove generazioni un mondo più attento all’uso delle risorse».
Lei è anche presidente della Provincia, allargando lo sguardo all’intera area, quale investimento inserirebbe nel Pnrr?
«Le sono grato direttore di questa domanda: la Provincia di Varese, come ente pubblico, ha subito un attacco senza precedenti nell’ordinamento democratico. Non esagero, ma quello che è stato diffuso come il sistema di utilizzo delle risorse per fini poco chiari e che ha portato a mettere la Provincia in pre-dissesto, dopo meno di due anni è stato smentito. Abbiamo rispettato le scadenze che ci erano state imposte, abbiamo salvato il personale e anzi assunto validissimi collaboratori, abbiamo cominciato a lavorare seriamente e i risultati, non lo dico io, sono lì da vedere. Milioni di euro investiti nelle scuole e negli edifici, sui territori con maggiori rischi, nelle aree alpine e prealpine, la valorizzazione dei nostri tesori come l’Eremo di Santa Caterina del Sasso, la cultura come elemento di identità. Facendo un lavoro che non compete, almeno stando alle regole, il Comune di Varese ha predisposto un piano che tocca anche il mondo della provincia, da nord a sud, immaginando soluzioni al problema dei collegamenti che affligge la provincia. Partendo dal presupposto, che alcuni snodi i Comuni provano a risolverli da tempo o sono in fase di progettazione, credo che la Provincia in futuro, con il Pnrr, dovrà entrare nella logica di eliminare la differenza che devono sopportare le persone residenti nella parte a nord. Dobbiamo immaginare una provincia che vive non un luogo di passaggio per la metropoli, dobbiamo investire perché cultura, marketing territoriale e bellezze paesaggistiche costituiscano elementi per attrarre le persone, non per mandarle a Milano. Proprio come stiamo facendo a Busto con la campagna informativa per dimostrare che si può vivere, magari lavorare bene, anche in provincia e se proprio il lavoro è a Milano si può comunque vivere con la famiglia in luoghi a misura d’uomo».
Come amministratore, quale dovrebbe essere secondo lei l’approccio nei confronti del Pnrr? Qual è per voi l’interlocutore giusto: il governo, la Regione?
«Il Pnrr è uno strumento di importanza strategica straordinaria che se ben utilizzato risolverà molti problemi che oggi affliggono i nostri cittadini. Ma non potrà essere lo strumento di Caio o Sempronio, dovrà essere di tutti, dovrà migliorare la vita di tutti. Ciò sarà possibile se metteremo da parte gli interessi di bottega e cominceremo a pensare più in generale al benessere di chi abita le nostre città. Di conseguenza, credo che noi Comuni dovremo operare in stretta correlazione con la Regione, che definirà gli obiettivi delle diverse missioni che il piano stesso prevede. A sua volta, le Regioni non potranno che definire con il governo o le strutture di governance le linee sulle quali operare e che, comunque, sono già ben indicate nel piano».
La giunta di Varese ha presentato un piano, Varese Future 2021, con nove progetti per un totale di 250 milioni di euro. La convince come modo di procedere? Pensate di fare qualcosa di simile a livello provinciale?
«Sono stato spesso accusato di avere un brutto carattere e di litigare con i miei avversari politici. Ma scusi, è accettabile secondo lei che il sindaco di Varese, senza neppure avvertire – non dico coinvolgere – la Provincia, si inventi un piano del futuro che i territori provinciali dovrebbero subire? Per me no, però se Varese fra tre mesi sarà governata come spero da un politico competente come Bobo Maroni, certe incomprensioni e certe fughe in avanti incomprensibili verranno sradicate e potremo lavorare, come dicevo, per tutti i nostri concittadini».
Ecco, uno dei rischi di fronte al Pnrr è che alcune zone, meno policentriche della nostra Provincia, sappiano fare sistema meglio di noi, magari per una maggiore omogeneità nel colore politico delle amministrazioni. Lei è fiducioso che l’area prealpina sappia evitare questo rischio? State dialogando tra amministratori su questi temi?
«Purtroppo, al momento il dialogo non ha preso il giusto abbrivio, come dovremmo fare per interpretare i bisogni di chi abita nelle nostre città. Non voglio ripetermi, ma io penso che i luoghi deputati per impostare le nostre strategie siano i consigli comunali e il consiglio provinciale. Qui dovremo studiare le nostre strategie e qui dovremo approvare i nostri progetti, mentre la politica degli annunci dovrà essere abbandonata a favore del fare. È vero che in Lombardia alcuni territori sono molto ben impostati, non è un segreto che Bergamo e Brescia sono sempre ai primi posti quando si tratta di operare su strategie di ampio respiro, ma a Varese non siamo da meno e sapremo fare la nostra parte. O altrimenti, ci metteremo da parte».
Non teme che Busto possa essere schiacciata tra le richieste di Varese e di Milano?
«Penso di aver già risposto indirettamente a questa domanda: Busto Arsizio, senza falsa modestia, è una città ideale dove vivere e lavorare. Approfitto della circostanza per illustrare meglio il nostro progetto di marketing territoriale, studiato dalla nostra assessora Paola Magugliani. Regione Lombardia e Unioncamere, nel 2017 ci hanno proposto la partecipazione al bando Attract, un progetto per rendere attrattivi i territori della Regione. Abbiamo ricevuto un finanziamento che abbiamo speso anche per realizzare un piano di marketing che ha fornito i dati per la campagna di comunicazione che abbiamo iniziato il 26 maggio, anche per le strade di Milano con manifesti realizzati dai nostri uffici. In sintesi, abbiamo eccellenze in tanti campi, abbiamo stretto rapporti di collaborazione con le agenzie di intermediazione immobiliare, siamo certi che molti imprenditori e soprattutto molte famiglie sono interessate a vivere in città a misura d’uomo, coma penso sia Busto».
Quale sarà secondo lei il problema più difficile da risolvere per attuare il Pnrr e investire i soldi europei?
«Se non si semplificheranno le procedure che attualmente sono richieste per partecipare ai bandi e poi per realizzare le opere pubbliche, temo che molti Comuni perderanno il treno dei finanziamenti perché non saranno in grado di affrontare le complicazioni che spesso neanche organizzazioni strutturate come quella di Busto riescono a gestire. È per questi motivi che come Provincia abbiamo aderito al progetto SEAV (Servizio Europa di Area Vasta) che consente di attivare un servizio a disposizione dei Comuni, anche quelli piccoli, per progettare, attrarre e utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione dall’Unione europea. Siamo perfettamente consapevoli che solo attraverso lo sviluppo di una capacità di progettazione condivisa, potremmo accedere a queste risorse fondamentali. La Provincia si mette ancora una volta a disposizione degli enti locali del territorio: non faremo solo da coordinamento, ma assumeremo un ruolo attivo, per dar risposte concrete alle richieste e alle esigenze delle nostre realtà locali. Probabilmente non basterà, ma se dobbiamo contribuire alla realizzazione degli obiettivi posti dal governo non potremo che levare la nostra voce a vantaggio della semplificazione e, quindi, a vantaggio anche dei piccoli Comuni».
Lei l’anno scorso ha aderito a Fratelli d’Italia, in sostanza l’unico partito all’opposizione del governo Draghi, che però sul Pnrr si è astenuto. Lei che cosa pensa della condotta del governo su questo tema?
«Draghi si è insediato e i tempi per presentare il piano erano già agli sgoccioli: ha fatto quello che ha potuto, ma conoscendo le capacità indiscusse di Draghi, sicuramente avrebbe potuto far meglio se avesse avuto un po’ di tempo in più a disposizione. Va detto però che il presidente del Consiglio ha avuto il merito di nominare uomini e donne di grande levatura che in questa fase costituiscono un valore aggiunto importante. Esponenti della società civile come, ad esempio Vittorio Colao, sapranno fare il lavoro che ci aspettiamo e con competenza».
Da Fratelli d’Italia sono giunte spesso critiche anche dure all’Europa. Certo, se i famosi 210 miliardi di euro per l’Italia arriveranno sui territori, questa volta sarà dura non dire: grazie, Europa… non crede?
«Pur non potendo certo togliere al nostro segretario Giorgia Meloni il compito di strutturare la linea del partito, credo di poter dire senza mezzi termini che la posizione di Fratelli d’Italia è risultata critica nei confronti dell’Europa per tutte quelle situazioni in cui, invece di migliorare la vita di cittadini e imprese, ha posto limiti e obiettive difficoltà. Se i soldi promessi arriveranno e saranno spendibili senza le condizioni capestro a cui ci siamo ormai abituati e che certi paesi cosiddetti “frugali” cercheranno di inserire, io non avrò problemi a ringraziare, ma se ciò non dovesse avvenire, lo dirò chiaramente ai miei concittadini. E sono certo che questo è il pensiero del partito di Fratelli d’Italia, ma anche quello di tutti i partiti che hanno come unico interesse l’Italia».
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