TRIBUNALE
Assegni falsificati per il Rolex: processo a Varese
Tre napoletani davanti al giudice. Deviarono la telefonata alla banca per rassicurare il venditore sull’autenticità degli assegni

Truffa con assegni falsi. E il Rolex sparisce. Il processo è iniziato a Varese, la vittima del raggiro si è costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Stefano Bruno e poi, a causa dell’assenza di uno dei tre imputati, l’esame dei primi testimoni è stato rinviato al prossimo 21 aprile. È partito così il procedimento penale davanti al giudice monocratico Niccolò Bernardi che vede sotto accusa tre persone, tutte e tre residenti a Napoli o nelle immediate vicinanze, responsabili, secondo la Procura di Varese, appunto di una truffa ai danni di un varesino che aveva messo in vendita un Rolex d’oro degli anni Sessanta del valore di circa 15.000 euro, e che quattro anni e mezzo fa vide sparire l’orologio senza ottenere nulla in cambio.
LINEA TELEFONICA DEVIATA
Con l’utilizzo da parte dei presunti responsabili del bidone di tre assegni circolari falsificati, ma anche e soprattutto di uno stratagemma tecnico che ha dell’incredibile, e cioè la deviazione della linea telefonica tra la banca in cui si stava perfezionando l’affare e quella emettitrice degli assegni, con conferma falsa, ad opera di uno dei tre, della bontà dei tre circolari. Gli imputati sono il quarantottenne Sebastiano Itri, che nel 2018 era arrivato a Varese per comprare il Rolex spacciandosi per Antonio Apicella di Cassino, in provincia di Frosinone; il trentunenne Luca Cariati e il trentaquattrenne Michele Pezzella, complici addetti a sopralluoghi e operazioni per deviare la linea telefonica (Itri e Pezzella sono recidivi).
OROLOGIO EREDITATO DAL PADRE
All’epoca tutto cominciò quando A.S., la vittima, decise di mettere in vendita il Rolex ereditato dal padre: un Oyster Perpetual Day Date acquistato in Brasile nel 1964. All’annuncio, su Subito.it, rispose un sacco di gente e alla fine A.S. decise di vendere il Rolex appunto ad Antonio Apicella, che in realtà era Sebastiano Itri e che si disse disposto a pagarlo 15.500 euro, consegnando a mano 500 euro in contanti insieme a tre assegni circolari da 5.000 euro ciascuno.
L’INCONTRO E LA TELEFONATA
Dopo qualche giorno l’incontro a Varese tra A.S., accompagnato dalla sorella, e Apicella-Itri - barba, viso butterato e bastone - avvenne dentro una banca del centro, registrato dalle telecamere di videosorveglianza. I 500 euro passarono di mano e per quanto riguarda gli assegni circolari, apparentemente “autentici”, compilati al computer e apparentemente emessi dalla filiale di un altro istituto di credito in provincia di Salerno, la banca di A.S. procedette in quel momento a un controllo telefonico: davanti ad A.S. e alla sorella un’impiegata chiamò la filiale “emettitrice”, parlò con tale De Luca e ottenne conferma del fatto che i tre assegni circolari erano regolari e “coperti”. Così anche il Rolex passò di mano e Apicella se ne andò. Ma dei 15mila euro, poi, nemmeno l’ombra. Gli assegni erano “falsi-contraffatti-clonati”. E nell’altra banca non lavorava nessun De Luca.
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