LA SENTENZA
Delitto al camping: non fu uno sbaglio
La motivazioni della sentenza pronunciata dalla Cassazione sull’omicidio avvenuto nell’ex villaggio abusivo di Azzate

«Il ricorso volto a derubricare l’omicidio da dolo diretto e d’impeto in colposo è inammissibile, in quanto basato su argomentazioni in parte manifestamente infondate, in parte generiche e in parte attinenti al merito delle valutazioni operate».
Questo uno dei passaggi della motivazione della sentenza (depositate nei giorni scorsi) con la quale la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso difensivo, ha confermato contestazione di reato (omicidio volontario) e condanna (12 anni inflitti nel febbraio del 2015 dall’allora gup varesino Stefano Sala al termine di un giudizio con rito abbreviato, poi confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano) a carico di Maurizio Ammendola, 53 anni, di origini calabresi che, nella tarda serata del 23 giugno 2013, uccise nel camping Sette Laghi di Azzate con un colpo di pistola alla testa Marino Bonetti, 47 anni di Varese, suo vicino di bungalow, conosciuto poche ore prima.
«Dopo aver letto la sentenza, rimango perplesso e con l’amaro in bocca di fronte alle certezze della Suprema Corte. Quest’ultima, rifiutandosi di dare il giusto peso ad alcuni elementi probatori, come per esempio la rivalutazione delle dichiarazioni della compagna del mio assistito rispetto all’evento, ha ritenuto “sostanzialmente inverosimile” la tesi del colpo partito accidentalmente», commenta l’avvocato dell’imputato,
Gianluca Franchi. In realtà, già nei due precedenti gradi di giudizio, la ricostruzione dello sciagurato incidente, del tutto avulso dalle tensioni presenti tra i residenti del camping all’epoca sotto sequestro per un’inchiesta su vari abusi edilizi e, per questo motivo, sotto la spada di Damocle del rischio sgombero, non aveva convinto.
Secondo gup e Corte d’Assise d’Appello la posizione dei due soggetti, che avevano appena avuto una discussione, con tanto di offese reciproche, «non permetteva di ritenere accidentale lo sparo, per la presenza della sicura e per la possibilità della partenza del colpo solo in caso di una considerevole pressione sul grilletto esercitata fino in fondo».
Ammendola, esperto di armi, «aveva dapprima inserito il caricatore, tirato indietro il carrello e poi premuto in fondo il grilletto. Al momento dell’inserimento del caricatore, i proiettili erano visibili, tanto vero che era solito toglierlo per motivi di sicurezza».
Nel negare poi anche la riduzione della pena nel massimo per le circostanze attenuanti generiche ad Ammendola - tuttora agli arresti domiciliari a Brinzio per motivi di salute - la Cassazione ha dimostrato di voler sposare in toto la tesi della Corte d’Assise d’Appello che aveva evidenziato «il carattere allarmante della vicenda, contrassegnata dal disprezzo per la vita umana, dalla noncuranza per le regole e dalla scarsa considerazione per il prossimo».
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