SANREMO
La guerra delle rose. Con podio varesino
Fiori di pace da Benigni, rosa spuntata Chiara Ferragni, un paio di spine per Amadeus e un irrequieto Blanco prende a calci i fiori. E i Coma_Cose (con Cosma) sono terzi. Per ora...

Era la Città dei fiori, poi arrivò Blanco o, come l’ha chiamato Amadeus nel pallone, Salmo, a scalciare tutto.
Speriamo non venga a Varese perché c’è il rischio che se la prenda con i Giardini Estensi. Nessuna traccia di trasgressione rock o rap, solo sfogo di un ragazzo che ha la faccia di un ragazzo viziato.
Guerra delle rose e sbaglio dei nomi (il povero Gianmaria è stato ribattezzato Sangiovanni) a parte, nella sua prima serata il Festival ha viaggiato lungo percorsi sin troppo paludati. Con un avvio che più istituzionale non si poteva.
Per la prima volta al Festival della canzone italiana era presente il capo dello Stato, non era accaduto neppure quando, per dirla con Toto Cutugno, avevamo «un partigiano come presidente».
Forse un motivo c’era.
Sergio Mattarella ha comunque potuto apprezzare un Roberto Benigni non meno istituzionale che ha sì giustamente elogiato l’articolo 21 della nostra Costituzione e accennato a errori e orrori del fascismo ma che, dall’abbraccio con il sommo Dante in poi, non sembra più intenzionato o in grado di togliersi i panni di brillante professore.
In quanto ai conduttori, Gianni Morandi - non male quando si presentato armato di scopa per pulire il palco - ha vinto nettamente il confronto con il direttore artistico.
C’era molta attesa per Chiara Ferragni, il volto bello del nuovo capitalismo. La parole che ha pronunciato più spesso sono state Ama e Okkei. Con una voce non proprio gradevolissima, vagamente jovanottiana, e un modo di porsi a sorpresa un po’ impacciato, ha penalizzato ogni suo discorso, compresi quelli seri. Fuori dal suo habitat naturale, è apparsa solo una lontana parente della donna determinata e vincente che tutti, o quasi, beatificano.
Con questo tridente spuntato si è avvertita forte l’assenza di Fiorello, ancora di più quando nel collegamento dopo la mezzanotte, ha preso teneramente in giro Amadeus per i suoi scambi di persona e sottolineato come il presidente Mattarella abbia in fondo limitato la sua presenza alla classica toccata e fuga.
Per quanto riguarda le canzoni in concorso, il primo ascolto non invita a gridare al miracolo. Aperta da un’Anna Oxa sottotono, la gara ha conosciuto pochi picchi.
Non male i Coma_Cose diretti dal varesino Vittorio Cosma e Elodie, furbescamente da vittoria la canzone di Marco Mengoni.
Un filo ruffiano, al pari di Mr. Rain che gioca sull’effetto Zecchino d’Oro.
Non più bambini sono invece i Cugini di Campagna. Quando Fabio Fazio e Claudio Baglioni li riabilitarono con Anima mia, Antonio Ricci, forse rosicando davanti al successo del programma Rai, sbottò: «Ai tempi gli tiravamo le molotov». Anche se gli anni trasformano gli incendiari in pompieri, davanti a Lettera 22, pur con tutta la buona volontà, resta difficile rimanere composti.
Più facile invece applaudire i Pooh scoprendo che, vivaddio, anche loro ogni tanto steccano. Roby Facchinetti non ha acchiappato le nuvole come fa di solito?
Vero ma era fresco reduce da una brutta esperienza di cui non ha voluto parlare. Al Festival in cui si canta principalmente di cuori infranti, lui, che pure ne avrebbe avuto i motivi, non si è pianto addosso. Non proprio da tutti.
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Questa la classifica ufficiale e parziale dei primi quattordici brani votata dai 150 giurati della Sala stampa (un terzo per la carta stampata, un terzo per il web e un terzo per le radio):
1) Marco Mengoni
2) Elodie
3) Coma_Cose
4) Ultimo
5) Leo Gassmann
6) Mara Sattei
7)Colla Zio
8) Cugini di Campagna
9) Mr. Rain
10) Gianluca Grignani
11) Ariete
12) Gianmaria
13) Olly
14) Anna Oxa.
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