VARESE
Beppino Englaro e il biotestamento: vi parlo nel nome di Eluana

Ad aprile la Camera ha approvato il disegno di legge sul testamento biologico. Il testo introduce le Disposizioni anticipate di trattamento, o Dat, ovvero la possibilità, per ogni persona maggiorenne capace di intendere e volere, e in previsione di una futura incapacità di autodeterminarsi, di esprimere, attraverso disposizioni anticipate, convinzioni o preferenze rispetto a scelte terapeutiche e trattamenti sanitari, comprese idratazione e nutrizione artificiali. Queste disposizioni sono pensate rinnovabili, modificali o revocabili in ogni momento.
Il tema che il disegno di legge prova a gestire è difficile e sfiora gli abissi della vita e della morte. Ma sancisce una libertà: quella di ognuno di decidere per sé dando così ancora più valore all’esistenza di ciascuno.
A provare a semplificare una materia tanto complessa arriva il 20 giugno a Varese, alle 20.30 al Salone Estense di via Sacco, la conferenza «Noi e la malattia… Anche degli altri. Il testamento biologico» organizzata da Medicina Eventi Teatro su Misura con il Comune.
I relatori sono il medico e psicoterapeuta Gaetano Giovi, l’epistemologo Giulio Giorello, il medico e sessuologo Maurizio Bossi, la filosofa Roberta Pelachin.
Tra loro anche Beppino Englaro, il padre di Eluana, la giovane che, dopo un incidente stradale avvenuto nel 1992, visse in stato vegetativo per 17 anni, fino alla morte naturale sopraggiunta a seguito dell’interruzione della nutrizione artificiale. Il suo caso divenne una lunga vicenda giudiziaria e poi anche politica. Il padre e la madre di Eluana, infatti lottarono a lungo affinché la figlia fosse lasciata andare come sapevano avrebbe voluto. La loro richiesta di interrompere l’alimentazione forzata, considerata un inutile accanimento terapeutico, scatenò nel Paese un dibattito sui temi legati alle questioni di fine vita.
Un dibattito spesso volgare, ma che ormai il signor Englaro si è lasciato alle spalle, consapevole di aver sempre agito pensando al bene dell’amatissima figlia.
Disse una volta questo papà esemplare: «Sento parlare di eutanasia, che continua ad essere evocata a sproposito e in mala fede perché non ha niente a che vedere con le disposizioni anticipate di volontà che ciascuno potrà dare sulla propria morte. Eluana è stata tenuta in vita in modo forzoso per 17 anni e 22 giorni. Mi auguro che a nessuno sia più riservata la sorte terribile di rimanere priva di morte e orfana di vita, come scrisse Guido Ceronetti in una delle sue Ballate dell’angelo ferito dedicata proprio alla mia Eluana».
Signor Englaro, il convegno organizzato a Varese ruota attorno alla nuova legge sul testamento biologico, che ancora deve essere approvata dal Senato. Cosa pensa della legge? E quali sono i punti fondamentali alla luce della sua esperienza?
«L’impostazione della legge è molto valida. Allineata ai principi di diritto della nostra Costituzione e degli accordi sovranazionali. Credo e voglio sperare che il Senato non la modifichi. Nel caso la volesse rendere ancora più chiara e valida non ci sono grandi battaglie da fare. Il punto fondamentale, alla luce della esperienza della nostra famiglia, è che non ci debba essere nessuna discriminazione nell’esercizio di autodeterminazione terapeutica per la persona che improvvisamente non è più capace di intendere e di volere rispetto a quando lo era, in base ai convincimenti della propria coscienza personale».
Il suo intervento verterà attorno alle parole: Eluana, libertà, vita. Vuole anticipare qualcosa?
«Parlerò della lettera che Eluana scrisse a noi, suoi genitori, a meno di un mese dell’inizio della sua tragica vicenda e della ragazza forte, determinata e con le idee chiarissime riguardo alla sua vita che era. Fin dalla più tenera età Eluana ha avuto un concetto molto bene definito della dignità e della libertà».
Molti ancora fanno confusione fra eutanasia, suicidio assistito, disposizioni anticipate di trattamento…
«Eutanasia e suicidio assistito sono definiti chiaramente in medicina, non occorre aggiungere altro se non far presente che sono ancora un reato in Italia. La vicenda di Eluana è stata sempre e solo riferita al diritto fondamentale e costituzionale di autodeterminazione terapeutica, rivendicata da noi genitori per lei a partire dal gennaio ‘92 perché la condizione di Eluana non aveva niente di naturale. E perché sapevamo bene, e come noi chi la conosceva, che cosa avrebbe desiderato per se stessa.».
La vostra storia è uno dei casi giudiziari più noti d’Italia. E quanti commenti sono volati, anche ingiusti, cattivi.
«Sì, è un grande caso costituzionale che ha la sua forza nella semplicità e nella trasparenza che abbiamo esercitato sin dall’inizio. I commenti erano quasi sempre fuori dalla realtà della nostra storia. Evitabili con un minimo di approfondimento della vicenda. Bastava leggere qualche testo scientifico, aver voglia di saperne di più. Informarsi e riflettere prima di esprimersi dovrebbe essere dovere di ogni uomo pubblico».
Di voi si ricorderà sempre lo spirito civico e laico, il muoversi soltanto entro i confini della legge: è d’accordo?
«Le risposte negative dei medici e dei magistrati riguardo l’autodeterminazione terapeutica di Eluana erano avvenute dentro la legalità e dentro la società. Di conseguenza se ne poteva uscire solo continuando ad agire dentro gli stessi perimetri. Tutto l’iter della vicenda ne è la riprova in quanto la vera libertà è solo dentro la società e la legalità. Nessun fai da te al di fuori della stessa».
Che cosa le resta di sua figlia, e le chiederei anche di sua moglie, e come oggi cerca di dare un senso a questa tragica vicenda?
«Di mia figlia e di mia moglie Saturna, morta nel dicembre 2015, mi resta solo il ricordo di due persone straordinarie che sono andate incontro a una seconda tragedia dentro la prima. Gravissimo e insopportabile è perdere una figlia, ma condannarla a vivere in quelle condizioni è una tragedia ancora più grande. Mia moglie viveva in simbiosi con Eluana e si è consumata per starle accanto, per vedere rispettati i suoi convincimenti culturali, etici, filosofici. Il senso di questa tragica vicenda è che la persona che ha i convincimenti etici di Eluana ha la facoltà di non farsi intrappolare da nessun medico e magistrato di turno. Ai nostri tempi c’era il deserto culturale, eravamo soli in questa battaglia. Adesso le cose sono cambiate. L’Eluana di turno adesso, con questa legge, non dovrà attraversare l’inferno a piedi, da sola, come abbiamo dovuto fare noi».
© Riproduzione Riservata