LA COMMEMORAZIONE
Bestie di Satana, incubo lungo 10 anni
Il 24 gennaio 2004 fu ritrovato il corpo di Mariangela Pezzotta. Papà Silvio: "Grazia per Elisabetta Ballarin"
"Cazzo, me l'ha ammazzata": nella mente di Silvio Pezzotta riecheggiano le parole che dieci anni fa, il 24 gennaio 2004, davanti alla macchina di Mariangela in bilico su un canale di Somma Lombardo, gli sgorgarono istintivamente. Era il 24 gennaio del 2004, la terra era coperta di neve, anche lo chalet di Golasecca era ammantato di soffice candore. Sua figlia era lì, sepolta alla bell'e meglio nella serra, morta da poche ore dopo un'atroce agonia. Chi la uccise per Pezzotta fu subito chiaro: l'ex fidanzato Andrea Volpe, con la complicità della sua nuova compagna, la diciottenne Elisabetta Ballarin. Fu quello l'ultimo omicidio delle Bestie di Satana, ma fu proprio da quel delitto che gli inquirenti poterono andare a ritroso, risalendo così agli altri atroci sacrifici umani, quelli di Fabio Tollis e Chiara Marino, compiuti dal branco nel lontano 1998.
"Non ho scordato neppure un istante di quei giorni terribili», ammette Pezzotta, "ricordo tutto in modo molto vivido, è come se fosse accaduto ieri e il dolore è altrettanto intenso".
Come intensa è la repulsione che il padre della ventisettenne prova nei confronti di Volpe, leader della setta, la serpe in seno alla famiglia Pezzotta, un "Mefisto", come lo definisce il padre di Mariangela.
"Lei aveva paura di lui, lo temeva. E quando è riuscita a liberarsi dalla sua influenza, l'ha pagata a caro prezzo".
Per questo Pezzotta non riesce a provare rancore nei confronti di Elisabetta, "candidata come mia figlia a finire in quel modo", "plagiata".
"Oggi sto rivivendo quella giornata di dieci anni fa, 24 gennaio 2004, con estrema razionalità e a posteriori posso dirlo: al posto di mia figlia avrebbe potuto esserci lei".
Sponde opposte la sua e quella di Cristina Lonardoni, madre di Elisabetta morta due settimane fa per una fuga di monossido di carbonio. Sponde opposte ma un sentimento che la accomunava ai genitori di Mariangela, ossia la rabbia nei confronti di Volpe, il rimorso di non averla saputa proteggere da lui e la certezza che Elisabetta sarebbe sarebbe stata la prossima vittima.
"Sono molto preoccupato per la ragazza", confessa Silvio Pezzotta.
"Sua madre era il suo principale appoggio, non l'ha mai abbandonata e l'ha aiutata a diventare ciò che è oggi, compiendo un percorso molto difficile e credendo sempre in lei. Avevano un rapporto simbiotico. Ora che Cristina non c'è più spero che Elisabetta abbia la forza di farcela anche da sola. Sta pagando moltissimo, molto più di chiunque altro".
Pezzotta avrebbe molte cose da dire a Elisabetta Ballarin e non è da escludere che un giorno i due si incontreranno per guardarsi negli occhi e sviscerare tutto l'incubo che vivono dal 24 gennaio 2004. Ma un messaggio, in questo momento, glielo vuole lanciare: "Quando riotterrai la piena libertà, dovrai pensare a stare in piedi, devi tenere duro. Abbi fiducia, non sarai sola".
La benevolenza che Pezzotta nutre nei confronti di Elisabetta non è una novità, il loro è un legame fatale, ineluttabile, frutto di due immense tragedie intrecciate in un unico cammino. Non a caso - e la notizia trapela solo ora - quando ad aprile la giovane attualmente detenuta in semi libertà a Verziano, presentò richiesta di grazia al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tra i pareri favorevoli annessi alla domanda, c'era anche il suo. Il capo dello Stato al momento non si è ancora pronunciato, nel frattempo Elisabetta prosegue con la specializzazione all'università di Brescia. Per la scarcerazione completa - fatta salva la concessione della grazia - la ragazza, condannata in via definitiva a ventitré anni di reclusione, dovrà attendere ancora.
Volpe, invece, di anni ne ha presi venti. La scelta del rito abbreviato e le attenuanti dovute alla decisione di collaborare con la giustizia, facendo ritrovare i corpi di Tollis e Marino e svelando l'esistenza della setta, hanno fatto sì che per tre omicidi e un'istigazione al suicidio la sua pena fosse tutto sommato contenuta. Dal 24 gennaio 2004, giorno dell'assassinio della sua ex fidanzata non ha però ancora messo piede fuori dal carcere di Ferrara, se non per assistere ai processi a suo carico e - ultimamente - per sostenere gli esami all'università, dove però ci va scortato dalla polizia penitenziaria. E per ora il suo avvocato Fulvio Violo non ha alcuna intenzione di chiedere permessi premio.
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