LA DECISIONE
Vallanzasca, no al differimento della pena
Il Tribunale di Sorveglianza milanese rigetta la richiesta della difesa. Che preannuncia ricorso in Cassazione

Niente differimento della pena per Renato Vallanzasca, in carcere a Bollate. La richiesta della difesa è stata rigettata. E ora la stessa difesa preannuncia ricorso in Cassazione.
Nonostante l’ordinanza riconosca, come spiega l’avvocato Corrado Limentani (codifensore con Paolo Muzzi), il «deterioramento cognitivo a genesi polifunzionale» e ammetta «un lento e progressivo aggravamento», il giudice Carmela D’Elia (Tribunale di Sorveglianza di Milano) ha ritenuto che Vallanzasca possa essere curato in carcere perché esistono «trattamenti di tipo conservativo e farmacologico». Di parere opposto i periti della difesa (i neurologi Zago, Sciacco, Preti; il medico legale Scaglione), che sostengono come il progressivo decadimento cognitivo (il detenuto non riesce a parlare ne a scrivere comprensibilmente), sia «incompatibile col carcere che non è in grado neppure con l’ausilio di centri esterni di praticare le terapie di supporto cognitivo finalizzate a stimolare e orientare il paziente verso una comprensione maggiore della propria vita e dello spazio che lo circonda in quanto necessitano di assistenza personale continuativa».
LA PERIZIA NEGATA
Il differimento pena è stato respinto anche nella forma delle detenzione domiciliare. No, inoltre, alla perizia medicolegale. L’avvocato Limentani fa notare che «nulla viene rilevato sulla pericolosità di fatto esclusa nonostante il Tribunale di Sorveglianza (in diversa composizione), quindi giorni fa, avesse riformato il diniego dei permessi». Limentani definisce «del tutto inumano e ingiustificato» il fatto di «negare non solo la detenzione domiciliare ma anche la perizia». E argomenta: «Così si impedisce a una persona, in carcere da cinquant’anni e chiaramente non pericolosa, che con tutta evidenza sta male e continua a peggiorare, di potersi curare o almento rallentare l’aggravamento della propria patologia».
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