RISPOSTA NEGATIVA
Richiesta respinta, Vallanzasca resta in carcere
Semilibertà negata al “detenuto dei record” rinchiuso nel prnitenziario di Bollate: «E’ intemperante»

Richiesta respinta. Renato Vallanzasca resta in carcere perché «è intemperante». Giunto a settantadue anni, cinquanta dei quali trascorsi in carcere, non merita la semilibertà e neppure quella vigilata. Lo ha deciso il tribunale di Sorveglianza di Milano, respingendo l’istanza dell’enfant terrible invecchiato nel simulacro di se stesso. Secondo il collegio presieduto da Carmela D’Elia (a latere Marco Odorisio e due esperti) che richiama il parere dato due anni fa, Vallanzasca non ha ancora mostrato «comportamenti positivi di ravvedimento, da cui poter desumere l’abbandono delle scelte criminali». In questo biennio, si legge nel provvedimento, quel presupposto è mancato «assieme a quello necessario del risarcimento del danno alle vittime dei reati che ha commesso». L’età e le patologie non scalfiscono le convinzioni dei giudici: nessun dubbio che sia «un uomo provato», ma «le condizioni di salute del detenuto non possono avere rilievo per concedere ciò che chiede».
LA RICHIESTA DI ISOLAMENTO E LA NUOVA ISTANZA
Anzi. Il pubblico ministero Adriana Blasco, due giorni fa, ha chiesto sei mesi di isolamento diurno nel penitenziario di Bollate, ricalcolando la pena sulla base della condanna a dieci mesi, ormai definitiva, per il pasticciaccio delle mutande dell’Esselunga, che nel 2014 gli fece saltare i benefici che aveva ottenuto. L’avvocato Paolo Muzzi non si dà per vinto. «Ripresenteremo l’istanza articolando un programma più specifico». Perché il tribunale di Sorveglianza ha eccepito la genericità della richiesta, in cui era indicata solo la comunità, senza dettagliare le attività che dovrebbe svolgere per il reinserimento sociale. Il progetto proposto contemplava la frequenza a gruppi di orientamento riparativo che prevedono la partecipazione di vittime e carnefici, ma per il collegio presieduto da D’Elia è un programma «assolutamente generico».
LE RELAZIONI
Eppure le relazioni degli operatori di Bollate erano più che favorevoli al detenuto dei record (nessuno ha mai scontato così tanti decenni in galera), dando atto che l’ex bandito della mala milanese tiene un comportamento abbastanza corretto, che si sta chiudendo in se stesso, che a volte sembra spaesato, che è fiaccato da mezzo secolo di reclusione. E che in comunità «tutti si sono affezionati a lui». Osserva l’avvocato Muzzi: «A mio avviso non siamo davanti a una chiusura totale e fine a se stessa, il provvedimento è molto approfondito, frutto di riflessione accurata. Il tribunale vuole forse valutare meglio la progressione trattamentale».
IL CARATTERE NON FACILE
Che Vallanzasca - quattro ergastoli e 295 anni di reclusione - non abbia un carattere docile non è certo una novità. I giudici fanno riferimento a un episodio accaduto ad agosto, quando la polizia penitenziaria doveva sottoporlo a un controllo delle urine. Renato si rifiutò ed ebbe un diverbio con gli agenti. Ma, tiene a sottolineare il suo legale, «il mio assistito non ha avuto alcun richiamo disciplinare e nessun sanzionamento, a differenza di quanto scritto da molti giornali».
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