IL GRIDO D’ALLARME
«Borsano recita il Mea culpa»
Chiude anche il bar e nella frazione c’è chi fa autocritica

«Chiudono i negozi di quartiere? I borsanesi devono recitare il mea culpa». Mette il dito nella piaga Armando De Luca, titolare della storica edicola-cartoleria di via della Ricordanza, nel cuore di Borsano, a due passi dalla chiesa parrocchiale. Pochi giorni fa si sono abbassate per sempre le saracinesche del Bar De Filippo, da più di quarant’anni un punto di ritrovo abituale per tanti borsanesi. Non è stato un fulmine a ciel sereno. Anzi, si comincia a perdere il conto delle attività di Borsano che hanno chiuso i battenti negli ultimi anni.
«I borsanesi si facciano due domande, e si diano le risposte» esordisce De Luca, la cui edicola-cartoleria sorge proprio di fronte al (fu) Bar De Filippo. «Il ragionamento è molto semplice - osserva il titolare della storica attività borsanese - Un negozio sta in piedi se ci sono i clienti. Ma gli abitanti di Borsano vanno altrove a fare acquisti. O anche semplicemente a bere un caffè o un cappuccino. Allora non lamentiamoci se le attività chiudono. È una naturale conseguenza».
Le abitudini dei consumatori si stanno modificando già da tempo. Ma anno dopo anno, nelle periferie si colgono segnali sempre più tangibili della progressiva diminuzione degli esercizi commerciali. La scomparsa di un bar, poi, comporta conseguenze non indifferenti a livello di aggregazione e socialità: dove andranno gli anziani (ma non solo) che frequentavano il De Filippo? Dovranno cercarsi un altro punto di ritrovo, un altro locale in cui poter chiacchierare di calcio o di politica, giocare a carte, fare colazione?
«In tutti questi anni continuo a vedere negozi che chiudono - allarga le braccia De Luca - Un po’ dipende dalla mentalità dei commercianti. Si devono aggiornare, non possono pensare di gestire un negozio con gli stessi metodi di quarant’anni fa. Bisogna fare in modo che il borsanese resti nel quartiere a fare la spesa, la colazione, l’aperitivo. Oggi purtroppo non funziona così».
Certo, c’è la grande distribuzione. Ma anche il commercio online sta conquistando fette di mercato sempre più consistenti: «Comprano un pupazzo su Amazon e poi vengono da me per farlo impacchettare - racconta Armando - ma con questi sistemi noi non possiamo andare avanti. Io mi sgolo da anni. Continuo a far presente ai clienti che se non comprano nel quartiere, Borsano rimarrà senza negozi. Ed è un po’ quello che sta accadendo».
Sarà un caso, ma mentre parliamo col commerciante, entra in cartoleria un avventore che ammette candidamente di infischiarsene di Borsano e del suo futuro. Un brutto segnale, anche se, ovviamente, una singola voce non è rappresentativa di un quartiere.
«Però i fatti dimostrano che non si fa abbastanza per tenere in vita la nostra zona - insiste De Luca - Prendiamo il mercato rionale: quando è partito era molto vivace, la gente lo frequentava. Adesso sono rimaste pochissime bancarelle. Se ne sono andate da qui attività che in altri quartieri hanno avuto grande successo. Chiediamoci perché».
Un Sos in piena regola, quello di De Luca, che invita tutti i borsanesi, «gli esercenti come i consumatori», a compiere tutti un piccolo grande sforzo per tenere in vita il commercio locale. «Noi dobbiamo fare la nostra parte, aggiornandoci - sprona l’edicolante -, ma chi abita nel quartiere deve capire che, se si va avanti così, a Borsano resteranno solo saracinesche abbassate. E a quel punto sarà inutile piangere sul latte versato».
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