Brexit
Brexit favorita dal Sun e dai sondaggi, è panico fra i pro-Ue
Secondo rilevamento YouGov in testa di sette punti

Londra, 14 giu. (askanews) - A soli nove giorni dal referendum sull'Unione europea, il vento sembra essere girato decisamente a favore dei pro-Brexit che, oltre a essere in testa nei sondaggi, da oggi possono contare anche sull'endorsement del Sun, il quotidiano più venduto nel Regno Unito. "BeLEAVE in Britain", è lo slogan che campeggia oggi sulla prima pagina del tabloid che vanta 4,5 milioni di lettori. "Credi nella Gran Bretagna", un efficace gioco di parole che contiene il termine "uscita(dall'Ue)".
"Stiamo per prendere la più grande decisione politica della nostra vita. Il Sun esorta tutti a votare per l'Uscita" dall'Ue, al referendum del 23 giugno, scrive il popolare quotidiano, proprietà di Rupert Murdoch, il magnate australiano dei media. Ostacolato "dall'espansione dello Stato federale tedesco", il futuro del Regno Unito sarebbe "ben più oscuro" se rimanesse nel blocco dei 28, prosegue il giornale, che vede in una Brexit l'opportunità di "riaffermare" una sovranità compromessa dalla "dittatura di Bruxelles". "E' la nostra chance di rendere la Gran Bretagna migliore, di riprenderci la nostra democrazia, di preservare i valori e la cultura di cui andiamo fieri a giusto titolo", argomenta ancora il Sun, primo quotidiano del Regno a prendere così apertamente posizione a favore della Brexit.
Anche se non è sorprendente da parte di un giornale consideratore conservatore, l'endorsement del Sun è senz'altro un nuovo colpo al campo pro-Ue capitanato dal Primo ministro tory David Cameron, che deve già fare i conti con una serie di sondaggi che da alcuni giorni danno la Brexit in testa. Anche oggi le truppe del "Leave" contavano sei punti di vantaggio (53%) nelle intenzioni di voto, secondo un rilevamento Icm pubblicato dal Guardian, e sette in un sondaggio YouGov per il Times.
Risultato: il panico si è ormai diffuso fra le fila dei pro-Ue, hanno spiegato al Times e al Guardian fonti della campagna. Per tentare di riguadagnare terreno, i sostenitori dello status quo hanno organizzato per oggi una nuova offensiva che ha visto in prima linea i sindacati e ancora una volta il Labour, dopo l'intervento di ieri di Gordon Brown. Questa volta a scendere nell'agone insieme a 11 dirigenti sindacali nella sede di Londra del Tuc (Trade Union Congress), principale centrale sindacale del Paese, è stato niente meno che il leader del partito, Jeremy Corbyn, finora regolarmente accusato di non fare abbastanza per mobilitare le sue truppe, ed altri alti esponenti del partito. Prendendo la parola, Corbyn ha accusato Boris Johnson e Nigel Farage -i due campioni dell'uscita del Paese dal blocco dei 28, di esseree "lupi travestiti da pecore" e i pro-Brexit di dire "nient'altro che bugie".
In un comunicato diffuso prima dell'evento al Tuc, i dirigenti del Labour hanno messo in guardia contro le conseguenze di una eventuale Brexit, che potrebbe costare, secondo loro, 525.000 posti di lavoro nel settore pubblico. "Se lasciamo l'Ue, l'impatto sulla nostra economia potrebbe tradursi con un buco nero di 40 miliardi di sterline nelle nostre finanze pubbliche", scrivono mentre la sterlina continua a perdere valore sui mercati dei cambi. Gli ultimi sondaggi pesano "ancora di più sulla sterlina", commentava in una nota Simon Smith, analista di FXPro.
Per colmare lo svantaggio, il campo del "Remain" potrebbe anche tentare di capitalizzare sul parere reso pubblico oggi dalla Corte di giustizia dell'Ue che ha accordato al Regno Unito il diritto di limitare alcuni aiuti sociali ai migranti europei, argomento chiave della campagna. L'approccio restrittivo di Londra in materia aveva ottenuto l'avallo degli altri 27 Stati membri dell'Ue nell'accordo negoziato lo scorso febbraio da David Cameron e sulla base del quale lo stesso premier si è lanciato nella campagna a favore del mantenimento del Paese nell'Unione.
Intanto alle 20 italiane è previsto un nuovo dibattito capace di infiammare ancora la campagna: è in programma un duello fra due strenui difensori dei due campi avversi: il conservatore ed ex sindaco di Londra Boris Johnson, capofila dei fautori della Brexit, e Alex Salmond, deputato del partito indipendentista scozzese (Snp), pro-europeo convinto.
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