IL CASO
«Novantaduenne con fratture rimandata a casa»
La protesta di un figlio contro il pronto soccorso cittadino

Caduta in casa, una donna di 92 anni viene portata al pronto soccorso cittadino a Busto Arsizio e poi rimandata a casa con sospette fratture al bacino e alle costole. Gli accertamenti sono stati compiuti, ma serviva una assistenza infermieristica che la famiglia, presa alla sprovvista, non era in grado di garantire. Da qui, un nuovo ricorso al medico di base e una seconda corsa al pronto soccorso, dove la signora è stata poi trattenuta.
LA PROTESTA DEL FIGLIO
«Mia mamma – racconta Claudio P., pensionato di 65 anni – vive da sola, io e mio fratello la accudiamo tutti i giorni. Quando è caduta, abbiamo chiamato la Croce rossa che l’ha accompagnata al pronto soccorso. Verso sera l’hanno dimessa e le carte indicano fratture al bacino e alle costole, quando è arrivata a casa era sedata, con la flebo al braccio, uno straccio. Oltretutto abbiamo dovuto pagare noi 70 euro per l’ambulanza che ha garantito il rientro a domicilio. Pazzesco!».
L’INVALIDITA’
Anni fa, fu il medico di base Roberto Stella ad avviare le pratiche per l’invalidità, le venne riconosciuto il 100 per cento ma senza accompagnamento.La signora percepisce una pensione da 400 euro. «Che significa che non danno il servizio di ritorno? – tuona il figlio – Ci hanno detto che non avevano camere disponibili e hanno cacciato via una persona anziana che nemmeno rispondeva, pareva intontita. Quando è arrivata a casa era dolorante, gridava per il male che sentiva. Mi hanno detto di darle 3 pastiglie di Tachipirina mille: ma come facevo se manco era vigile, non apriva la bocca…».
ASSISTENZA INFERMIERISTICA
La famiglia ha chiamato il medico di base, Gianluca Castiglioni, che ha attivato il 118 richiedendo il ricovero. «Ho lavorato per anni in ospedale, so quanto sia complicato il pronto soccorso – spiega Castiglioni – Le avevano fatto una Tac all’encefalo, c’erano sospette fratture che a quell’età si curano restando a letto a riposo. Ma serviva assistenza infermieristica, vista la necessità di flebo di liquidi e di antidolorifici. Si parla tanto di integrazione fra territorio e ospedale, ancora si fatica. Non si può attivare in un’ora l’assistenza domiciliare integrata o il ricovero in una Rsa. La famiglia era spaventata. Dal punto di vista medico non c’erano problemi, ma vanno attivati i servizi necessari. In ospedale devono avere pensato che fosse meglio a casa che in una barella in astanteria, però alle volte a casa non ci sono le condizioni per la giusta assistenza».
IL SECONDO TRASPORTO
Il secondo trasporto in ospedale è stato poi alquanto tormentato, vista la casa di ringhiera, la presenza di cani dei vicini sul ballatoio, l’arrivo della polizia e poi della polizia locale, la rabbia dei familiari. «Abbiamo sempre cercato di fare il possibile – sentenzia Claudio P. – Alla fine quando hai bisogno, ti lasciano solo».
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