MALATTIE INFETTIVE
1300 pazienti con Hiv
Franzetti primario: Aids ancora emergenza, si ammalano giovanissimi e anziani»

Lotta all’Aids, alle epatiti, ma anche, anzi soprattutto, alle infezioni che si contraggono in ospedale e che risultano difficili da combattere a causa dell’assuefazione agli antibiotici.
Il nuovo responsabile della Struttura complessa di Malattie Infettive, Fabio Franzetti, presentato ieri dai vertici dell’Asst Valle Olona, avrà parecchi fronti su cui lavorare dal 16 agosto. E li affronterà forte di una lunga esperienza maturata all’ospedale Sacco, che con lo Spallanzani di Roma è uno dei due centri nazionali specializzati nella cura di ogni infezione.
Per due anni, da quando Tiziana Quirino è andata in pensione, nel dicembre 2017, a organizzare efficacemente il reparto è stata Barbara Menzaghi. «Il gruppo c’è è lavora bene - garantisce il dg dell’Asst Valle Olona, Eugenio Porfido - Franzetti ha già lavorato qui, torna a casa e affronta un nuovo percorso con importanti linee di sviluppo, in sintonia con altre unità operative».
A Busto sono attivi 19 letti. I pazienti in cura per Hiv sono 1300, quasi tutti in terapia. E ogni anno se ne aggiungono una ventina.
«Andiamo dai giovanissimi, ad anziani oltre i 70 e persino gli 80 anni - dice il nuovo primario - Noi siamo cresciuti professionalmente con questo allarme, oggi si semplificano troppo i messaggi. Siccome l’Aids si può curare, tutti pensano di poter guarire facilmente. Ma è un messaggio equivoco, occorre stare attenti. I nuovi casi nei giovani non mancano, proprio perché non c’è prevenzione. Ma anche gli anziani sono coinvolti: chi è convinto di aver superato il rischio, pensa che l’Aids non lo riguardi».
Se le persone prese in carico sono 1300, però, solo una piccola parte di pazienti viene ricoverata per Hiv o epatiti, il resto è alle prese con infezioni assunte dopo interventi ortopedici, chirurgici, urologici. «Ora - chiarisce Franzetti - dobbiamo uscire dalle logiche del passato, non siamo centro per malattie esotiche, gli scenari sono diversi. Occorre gestire il problema antibiotici: l’estensione di tali farmaci, su cui ci sono difficoltà di controllo, impone di lavorare con altri reparti e con il territorio, più nella logica della prevenzione che della cura».
Insomma, se i medici continuano a somministrare antibiotici, poi questi non hanno efficacia quando servono. Ad esempio in fase post operatoria. «In farmacia a volte vengono dati come le vitamine - dice Franzetti - uscire da certe logiche è complesso. I pazienti fragili sono esposti a infezioni post operazione nel 20-25 per cento dei casi. E i percorsi di guarigione a volte arrivano a sei mesi, con farmaci in vena e lunghe terapie. La resistenza degli antibiotici è un fenomeno mondiale e l'Italia ha tristi primati. Chi usa un antibiotico interferisce con l’equilibrio del mondo intero, le ricadute pesano».
Franzetti ricorda che i contagi con microbatteri impongono maggiore attenzione per il personale sanitario, il che si traduce in costi: più guanti, più mascherine, più camici.
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