SALUTE
Aids, 1.400 malati in carico all’Asst Valle Olona
In cura anche tanti anziani. L’appello: «Fate il test»

Alzi la mano chi sa rispondere: l’Aids si può trasmettere con un bacio? Questa è la domanda facile, ma ce ne sono altre le cui risposte forse non sono così note a tutti. Almeno così sembra stando a quanto emerge in occasione della ricorrenza del primo dicembre, eletta come data in cui porre l’attenzione sulla malattia che uccise Freddy Mercury. I dati messi a disposizione dall’Asst Valle Olona a ridosso della giornata mondiale di lotta contro l’Aids tratteggiano un cambiamento rispetto al passato: oggi in cura soprattutto uomini etero, con un aumento dei pazienti anziani. E se i passi avanti delle terapie sono una certezza, «per gli eterosessuali il messaggio del rischio di contrarre l’Hiv o altre malattie in caso di rapporti non protetti è ancora molto fumoso. Questa categoria di utenti ritiene quasi di essere immune. Ma non è assolutamente così», sono le parole della dottoressa Barbara Menzaghi, dirigente medico dell’Unità di Malattie infettive.
FATEVI IL TEST
«Fate il test, se avete avuto un rapporto che potrebbe essere a rischio fatelo. È gratuito», rilancia Marco Mascheroni. Il cairatese che nel 2005 ha mollato un lavoro sicuro come meccanico in una concessionaria per dare assistenza ai malati di Aids in una casa famiglia vicino a Roma è convinto di quel che dice e lo ha ripetuto sabato sera davanti ad un centinaio di persone, ragazzi e famiglie, a Cairate: «Bisogna ricominciare a parlarne. Curarsi è basilare, l’Hiv non è scomparso».
CIRCA 1.400 PAZIENTI IN CARICO ALL’ASST VALLE OLONA
Anzi: sono circa 1.400 i pazienti con infezione da Hiv in carico all’Asst Valle Olona, quasi tutti in terapia retrovirale. Il quadro della situazione del territorio è contenuto in una nota dell’azienda sociosanitaria che riporta un’intervista alla dottoressa Menzaghi. Secondo il report ogni anno negli ospedali dell’Asst si contano circa 10 nuovi riscontri già in Aids. «La prevalenza è maggiormente maschile ed eterosessuale, con un aumento delle diagnosi nei pazienti anziani. Al momento curiamo anche pazienti la cui età si avvicina all’ottantina d’anni, le cui diagnosi vengono fatte dopo i 65». Il motivo di questo dato? «Semplicemente perché questi individui non hanno proprio la percezione di aver potuto contrarre l’infezione». Il punto è che dagli anni ottanta ad oggi sono cambiate tante cose. «Anni fa i pazienti erano costretti ad assumere terapie onerose, sia dal punto di vista del numero di compresse, sia dal punto di vista degli effetti collaterali. Nel corso dei decenni le terapie sono diventate molto più semplici ed efficaci», ha ricordato la dottoressa Menzaghi nella nota ospedaliera.
RISCHI SCONOSCIUTI
La professionista parla tuttavia di “messaggi ancora poco conosciuti” a proposito dei rischi. «La popolazione omosessuale, quella maggiormente coinvolta dall’epidemia da Hiv sin dall’inizio, sicuramente è più sensibile, sa di cosa stiamo parlando e sa quali rischi si corrono. Per contro, sono aumentate moltissimo le malattie sessualmente trasmissibili, come la sifilide o la gonorrea. Questo è stato uno dei problemi maggiori degli ultimi anni. Altro concetto da puntualizzare è relativo agli eterosessuali. Questa categoria ritiene quasi di essere immune».
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