IL CASO
Bike sharing da rottamare
Servizio mai decollato, restano solo le postazioni avvolte nel degrado

Otto postazioni per il deposito delle biciclette pubbliche da smontare e far sparire, anche per evitare che il degrado prenda il sopravvento.
È questo il triste finale, ormai inevitabile, del servizio di bike sharing in città. Basta andare davanti alle due stazioni ferroviarie, in piazza Santa Maria, a ridosso della piscina Manara, all’incrocio del Tribunale, oppure all’ingresso dello stesso municipio e dell’ospedale, o ancora in piazza San Michele, per rendersene conto.
In quei punti, infatti, dell’ormai defunto servizio di noleggio delle biciclette pubbliche, che anni fa veniva sbandierato come uno sguardo sul futuro della mobilità, è rimasto solo il triste scenario di stazioni di deposito abbandonate.
Ci sono il cartello del fu progetto “Bici in Busto” e poi le colonnine che servivano per affrancare i mezzi e per staccare le biciclette, facendo passare la card di pagamento sul lettore ottico. Ora, appunto, si tratta di angoli ingombranti e inutili, nei quali la sporcizia e il verde infestante stanno facendo capolino con sempre più insistenza.
«Speriamo che presto, una volta che l’epidemia sarà passata, si portino via tutta questa ferraglia che non serve più a niente», indica un residente della zona che si affaccia sul palagiustizia, anch’essa contemplata fra le nove aree (perché fino a un anno e mezzo fa c’era anche la piazza di Beata Giuliana nella lista dei posteggi) in cui i cittadini potevano decidere di prendere a noleggio una due ruote ed arrivare a destinazione, con l’obbligo però di riporre il mezzo a una colonnina.
I dati relativi al 2019 sono stati marziali per decidere cosa fare del servizio di bike sharing a Busto. I numeri estrapolati dal portale del progetto Bicincittà, hanno infatti convinto anche gli ultimi difensori dell’iniziativa a desistere, chiarendo come in dodici mesi siano stati soltanto 27 gli abbonati che, almeno una volta, si sono avvalsi del servizio di utilizzo delle due ruote pubbliche per spostarsi da un punto all’altro della città.
Ciò è avvenuto a fronte di un costo sostenuto per le manutenzioni di oltre 15mila euro, quindi con una perdita enorme e un’incidenza sulla qualità ambientale insignificante. Il tutto senza dimenticare che il restyling dei mezzi ammalorati costerebbe oggi tantissimo.
Così si è passati alla fase della rottamazione, proprio oggi che il coronavirus ha stravolto le abitudini e che lo spostamento a pedali dovrebbe tornare in auge. Ma, di certo, ciò non avverrà tramite questo sistema.
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