IL CASO
Botte a Clericò, Guaia a processo
Movente sessuale per l’aggressione in cella: colpa della crema. Il gelese che uccise i due figli è accusato di lesioni ai danni del killer di Marilena Re

Roberto Guaia non aveva imparato nulla dalla condanna per l’omicidio dei suoi figli e dalla lunga detenzione. In cella, il 21 novembre del 2017, manifestò i suoi appetiti sessuali a Vito Clericò, rinchiuso a sua volta per il delitto della promoter, e davanti al rifiuto passò al pestaggio.
Per il cinquantaseienne gelese la settimana prossima si aprirà il processo per lesioni aggravate, Clericò si costituirà parte civile con il patrocinio dell’avvocato Daniela D’Emilio.
A lei l’assassino di Marilena Re scrisse la lettera che innescò le indagini. Da qualche giorno Guaia si faceva avanti con richieste inequivoche: insisteva affinché Clericò gli spalmasse una crema sulle parti intime. «Dopo che l’ho fatto», raccontò la vittima al suo avvocato, «lui si è girato e in un attimo mi ha sganciato i pantaloni. Io gli ho detto “che stai facendo, lasciami stare”, io sono rimasto freddo, non so come ho fatto», scrisse nella lettera. «Io che non ho mai fatto male a nessuno non so se si dovesse ripetere come potrebbe andare», confidò parlando degli abusi sessuali che il concellino tentava di imporgli. «Io non so se resterei ancora così freddo o potrei fare del male ma è quello che non vorrei».
Con ogni probabilità Guaia lesse quelle parole - anche perché in una cella è impossibile avere riservatezza - e decise di punirlo per la delazione.
All’ora di cena il gelese saltò addosso all’ex magazziniere sferrandogli calci e pugni su tutto il corpo e picchiandolo sulla testa con un piatto metallico. Il pestaggio fu così violento che Clericò l’indomani venne portato dal carcere in pronto soccorso: aveva un occhio completamente tumefatto e a rischio cecità. Guaia a quel punto venne trasferito nel penitenziario di Pavia.
© Riproduzione Riservata