LA STORIA
«Io e Ungaretti innamorati»
Bruna Bianco ha raccontato ai liceali del Crespi l’amore con il grande poeta. «Mi scrisse 377 lettere»

«Oggi ho quattro volte vent’anni, come ne aveva Ungà, quando lo conobbi. Ho vinto tutti gli scogli della vita. Questa è la chiave, eccola. Perché un giorno, quando vi guarderete indietro, possiate dire la stessa cosa».
Bruna Bianco ha esercitato l’avvocatura con successo a San Paolo del Brasile, dove all’età di 17 anni seguì la famiglia per motivi di lavoro. Ebbe una delusione amorosa e iniziò a scrivere delle poesie, che volle fare leggere a Giuseppe Ungaretti, che in Brasile insegnava e periodicamente tornava per conferenze.
Era il 1966 e, a dispetto dell’estrema differenza d’età, tra i due, fu amore: «Di recente ho riesumato da una cassapanca le 377 lettere che mi spedì e le ho fatte pubblicare. Sono un decalogo dell’amore, necessario di questi tempi, in cui s’avverte una diffusa mancanza di sentimento a causa dei troppi strumenti elettronici che distruggono l’uomo», ha spiegato la destinataria, ospite al liceo Crespi, in un incontro che ogni aggettivo rischia di sminuire.
Pubblicate da Mondadori con il titolo di Lettere a Bruna, ancora infondono un’energia a stento controllabile in colei alla quale il poeta si rivolgeva con un trasporto tanto prorompente:
«Leggendole, conoscerete l’uomo che mi ha dato la forza di vivere, quand’ero giovinetta e mi trovai in un paese straniero, peraltro sotto dittatura militare. Imparate ad aprire la porta dei vostri sentimenti veri e autentici, cercate il contatto epidermico, scrivete su carta i vostri messaggi e lasciate stare quegli aggeggi che vi distruggono.
Non fatevi privare di desiderio e inclinazioni. Inseguite il rapimento e l’incanto dell’amore. Non abbiate paura o vergogna a toccarvi, perché il corpo è la chiave del sentimento. Altrimenti avvertirete un vuoto immenso, che v’imbruttirà con noia, depressione e altre storture, così come succede quando manca il lavoro, e finirete alla ricerca di espedienti che vi facciano sentire vivi».
Il grande tardo amore del poeta dei quattro fiumi è davvero un fiume in piena: alza le braccia, esulta, potendo abbraccerebbe tutti collettivamente e ad uno ad uno.
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