IN APPELLO
Dieci mesi a Riccardo Bossi
Confermata la pena al figlio del senatùr per truffa a Ceccuzzi

Dieci mesi di condanna e un risarcimento di 10mila euro a Bruno e Alessandra Ceccuzzi, titolari della prestigiosa gioielleria di piazza San Giovanni: ieri i giudici d’appello hanno confermato la sentenza di primo grado a carico di Riccardo Bossi, figlio del senatore Umberto, aggiungendo ulteriori 1.800 euro di spese legali. Entro quindici giorni verranno depositate le motivazioni della decisione.
Secondo l’accusa il quarantenne avrebbe truffato i commercianti - assistiti dall’avvocato Federico Consulich - portandosi via una parure di Bulgari in oro rosa e un Daytona della Rolex in oro bianco senza mai pagarli. Erano regali destinati alla ex compagna, con quei pacchettini scintillanti da mettere sotto l’albero di Natale sperava di riconquistarla dopo quattro anni di relazione naufragata a settembre del 2014.
Il figlio del fondatore della Lega Nord era stato presentato e “raccomandato” ai titolari dell’attività da un vecchio amico della famiglia Ceccuzzi. Prima del 25 dicembre 2014 si recò in negozio con la fidanzata e le disse di scegliere un braccialetto tennis a suo piacere, facendole credere che sarebbe stato il cadeaux natalizio. In realtà Riccardo aveva già fatto mettere da parte i preziosi di Bulgari, ma si fece consegnare anche il Rolex da 26mila euro, con la promessa di saldare tutto dopo le feste.
Invece Bossi tornò l’8 gennaio segnalando un problema di azzeramento con la lancetta dei secondi dell’orologio e ne chiese la riparazione. Il Daytona venne quindi sistemato e poi tornò al polso di Riccardo che però non lo pagò.
Iniziò così uno scambio di mail tra gli orefici e il cliente in attesa di un bonifico che tardava ad arrivare. Il 22 gennaio del 2015 Bossi si presentò in negozio con tre cambiali assicurando che a quel punto avrebbe chiuso i conti. Ma c’era una data sbagliata, che l’imputato si premurò di correggere a penna (alterando il titolo di pagamento quest’ultimo si invalida). Fatto sta che i Ceccuzzi sporsero querela, partirono così le indagini della squadra mobile di Varese, coordinata dal pubblico ministero di Busto Francesca Parola.
Venne perquisito l’appartamento di Gallarate dove il primogenito di Umberto Bossi aveva convissuto con la ex e poi gli investigatori fecero un blitz anche in una casa a Casorate Sempione. I gioielli li aveva ancora la donna ma li restituì alla polizia non appena venne a sapere tutto. L’orologio, invece, venne ritrovato nel baule di una Mercedes ML.
«Io e il mio avvocato ricorreremo in Cassazione», commenta laconico Riccardo Bossi. Il quarantenne ha un’altra ricostruzione della vicenda, «ma la faremo emergere davanti alla suprema corte».
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