L’INCHIESTA
Dissequestrati i fondi di Eolo
La decisione della procura: non c’è rischio d’insolvenza, “liberati” 3,5 milioni di euro

Lo aveva chiesto la difesa, la procura ha accolto l’istanza: nei giorni scorsi l’amministratore delegato di Eolo, Luca Spada, ha ottenuto il dissequestro dei 3 milioni e mezzo di euro, considerati dagli inquirenti profitto dei presunti reati commessi dall’imprenditore. La decisione è maturata anche sulla base degli elementi a favore del manager raccolti dal suo legale, il professor Mario Zanchetti: per quanto la cifra sia inarrivabile anche per l’immaginazione della maggior parte dei contribuenti, è infatti comunque inferiore alla liquidità di cui dispone, ossia oltre 90 milioni di solo cash. Il rischio che Spada non saldi eventuali debiti con gli inquirenti insomma non c’è proprio, non c’è pericolo di insolvenza e quindi non c’è la necessità di mantenere beni in sequestro.
A ulteriore garanzia Spada ha presentato un atto in cui attesta l’apertura di un conto corrente su cui lascerà l’ammontare in attesa della definizione del procedimento. A parere di largo Giardino l’offerta è seria, l’azienda è sana, solida, in piena attività. Non vi è ragione di dubitare dell’impegno preso da Spada. Il quale ha assicurato che a breve depositerà altro materiale attraverso cui dimostrare l’infondatezza delle accuse che gli sono state mosse e che gli sono costate alcuni giorni di arresti domiciliari. Le indagini della guardia di finanza - coordinate dal pubblico ministero Nicola Rossato che attualmente è in servizio alla procura di Milano - erano partite dalla segnalazione di un’azienda concorrente, la Linkem. La quale avrebbe addirittura fatto abbonare a Eolo due dei suoi dipendenti, per portare a compimento le proprie investigazioni interne.
Attraverso gli infiltrati la Linkem sarebbe riuscita a scoprire il presunto abusivismo dell’azienda bustese. Emerse così che il provider che ha sede a Busto, grazie a modem di ultima generazione forniti ai propri clienti, avrebbe utilizzato senza autorizzazione una banda libera, che consentiva così una connessione a internet rapidissima. In questo modo l’azienda sarebbe riuscita ad ampliare la propria quota di mercato a discapito degli altri operatori.
Nell’interrogatorio di garanzia Spada però si difese in modo convincente, chiarendo tre punti fondamentali: il furto non c’era perché l’aria non si può rubare, dal 13 novembre 2016 aveva interrotto l’utilizzo della banda incriminata e soprattutto per quell’uso inopportuno aveva già pagato in sede amministrativa con una sanzione di 100mila euro.
Il gip Piera Bossi revocò gli arresti domiciliari in virtù del fatto che vennero meno i presupposti. Non c’erano più le esigenze cautelari poiché l’imprenditore rese dichiarazioni ammissive e soprattutto dimostrò la cessazione dell’utilizzo delle bande finite al centro dell’inchiesta.
© Riproduzione Riservata