LA SENTENZA
Estorsioni con il fuoco, condannati i draghi
Il capo della banda sconterà otto anni e quattro mesi di reclusione, pene pesanti anche per gli altri imputati
Pesantissime le pene inflitte ieri mattina dal collegio presieduto dal giudice Renata Peragallo alla banda di Zio Gianni e del Moro.
Giovanni Parlapiano è stato condannato a otto anni e quattro mesi di reclusione, Francesco Caliandro a tre anni e dieci mesi. Quattro anni e quattro mesi a Roberto Bianchi e quattro anni e dieci mesi ad Adriano Vanoli. Parlapiano, lo Zio appunto, e Caliandro - difesi dagli avvocati Cesare Cicorella e Maira Cacucci - dovranno versare a Marco Bedostri, costituito parte civile con l’avvocato Tiberio Massironi, 25mila euro per danni morali. Quelli materiali e patrimoniali dovranno essere quantificati in sede civile.
Assolto Francesco Cosentino, così come chiesto da tutte le parti e in principalità dall’avvocato Giacomo Cozzi.
Il gup Luisa Bovitutti nei mesi scorsi aveva già condannato Antonino Pinto a cinque anni: il Moro aveva infatti scelto il rito abbreviato.
Gli imputati si erano accaniti su Bedostri, proprietario di un autolavaggio. Le indagini della polizia iniziarono quando l’imprenditore si presentò in commissariato raccontando l’ennesimo episodio di estorsione ai suoi danni, epilogo di una serie lunghissima iniziata con un prestito di 120 mila euro ottenuto a detta sua da Caliandro.
Sarebbe stato proprio lui a mettere in atto le prime intimidazioni per ottenere la restituzione del denaro. Il recupero crediti venne poi affidato a zio Gianni e al Moro e a quanto pare fu tutta un’escalation di violenze e pressioni terribili. Alla fine Bedostri si ritrovò costretto a lavorare sotto “commissariamento”, ossia con il controllo diretto di uno degli uomini della banda, che piantonava la sua attività così da requisire l’incasso della giornata.
Gli inquirenti avevano ribattezzato il gruppo criminale sotto il nome di banda dei Draghi, perché gli incendi erano uno dei metodi usati per incutere terrore nelle loro vittime. Illuminante, per rappresentare le loro pratiche comuni, un’intercettazione telefonica: «Bisogna portare 70, 80 litri di gasolio, prima butti tutto il gasolio, poi gli butti la benzina sopra e non lo spegni con l’acqua perché c’è l’olio».
E gli imputati stessi se ne compiacevano: «Siamo come draghi», si vantavano tra loro. Ma non consideravano la fiammata di ritorno.
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