IL PARADOSSO
Figli violenti perdonati
Le mamme fanno marcia indietro dopo la denuncia e lasciano le abitazioni. Il giudice: «Non sviliamo il codice rosso»
Figli violenti, ma genitori troppo accondiscendenti. Sotto scacco sentimentale. Non è un’opinione ma la deduzione che si trae seguendo le più recenti vicende giudiziarie.
Ieri, 20 settembre, il gip Nicoletta Guerrero ha modificato ben due misure cautelari scarcerando quindi sia il ventitreenne bustese arrestato dalla polizia di Busto Arsizio sia attenuando l’allontanamento che ha colpito un ventiquattrenne e le cui indagini sono state condotte dalla polizia locale di Cairate. In entrambi i casi, le madri hanno indietreggiato clamorosamente rispetto agli episodi che avevano segnalato agli inquirenti.
Lo strumento del codice rosso sta un po’ sfuggendo di mano alle presunte vittime che prima innescano l’emergenza e poi la ridimensionano. Due situazioni paradossali quelle di cui si è occupato il gip. Il bustese, difeso dall’avvocato Francesca Cramis, era finito in cella perché dopo aver maltrattato a lungo la madre venne spedito a casa del padre, iniziando a picchiare pure lui. Ebbene, l’indomani i genitori - separati da tempo - si sono presentati in tribunale per chiedere i colloqui con il ragazzo. Richiesta respinta, in compenso l’avvocato Cramis ha presentato istanza di domiciliari garantendo che il suo assistito non potrà più nuocere. Perché il padre ha acconsentito a lasciargli l’abitazione, tornando almeno per ora a vivere con la ex moglie pur di tutelare il figliol prodigo. Il giudice ha accolto anche in virtù del percorso che l’indagato compirà al Cps per imparare a gestire la rabbia. Non potrà però avere contatti con nessuno se non con i nonni che abitano nella stessa palazzina.
Dietro front anche della mamma del ventiquattrenne che - stando alle risultanze delle indagini - picchiava sia lei che la nonna per ottenere denaro da iniettare nelle slot machine.
La donna si è recata negli uffici del gip in lacrime, amaramente pentita di aver allertato le forze dell’ordine. Credeva che la denuncia potesse servire come obbligo per il ricovero in comunità, opzione che il giovane aveva sempre rifiutato. Mai avrebbe pensato di innescare la procedura che ha portato al divieto di avvicinamento. Tanto è vero che subito dopo l’applicazione della misura, pure lei se ne è andata di casa, così da rendere più facile la vita del figlio, al quale oltre all’abitazione ha lasciato pure la sorella minore. Il gip Guerrero, nell’ordinanza con cui attenua le restrizioni stigmatizza: «È emerso che la madre, che è parte offesa, dopo aver sporto la denuncia ha abbandonato volontariamente la casa famigliare per consentire al figlio denunciato di permanervi, addirittura lasciandovi l’altra figlia. Al di là di ogni commento sulla vicenda e sulla strumentalità della denuncia che spesso viene vista, come in questo caso, come metodo per la soluzione di problemi di altra natura che non dovrebbero essere di competenza dell’autorità giudiziaria e che finiscono per svilire la portata della recente riforma del codice rosso, la misura deve essere modificata, nel senso di vietare al giovane di avvicinarsi alla casa della nonna e all’attuale domicilio della madre e dei luoghi che frequenta».
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