IL CASO
«I nostri figli sotto sequestro»
La madre separata ha un malore e le prendono i bimbi: ora i minori sono in comunità senza un motivo

In genere accade coi pacchi postali: basta un contrattempo perché rimangano in giacenza senza possibilità di essere recuperati dal destinatario. Purtroppo può capitare anche con i bambini. Vivono in una dimensione di surreale angoscia i genitori dei due minori di sei e nove anni che dal 17 aprile sono “parcheggiati” in una comunità bustese dalla quale non riescono più a uscire.
Il motivo? Se lo chiedono e lo domandano pervicacemente gli avvocati Gianluca Fontana e Daniela D’Emilio, difensori della mamma e del papà dei piccoli. Nessun magistrato ha espresso l’inidoneità genitoriale, le condizioni igienico sanitarie sono impeccabili, neppure i servizi sociali hanno mai sporto segnalazioni. Certo, la coppia marocchina è separata, lui vive a Bergamo e lei, che si era rivolta a Eva Onlus sentendosi bistrattata dal coniuge, da qualche tempo si era affidata ai consigli e agli strumenti messi a disposizione dall’associazione nata per la tutela delle donne maltrattate. Ma la onlus nulla può fare ora che i bambini sono stati risucchiati in un buco nero. «Come fossero sotto sequestro», si sfogano.
Il malore
Il 17 aprile la mamma venne colta da un attacco di forte ansia mentre era in casa con i figli. Piangeva, si disperava per il fallimento del suo matrimonio e per il fallimento di un progetto di vita. Contattò una referente della onlus in cerca di conforto, confidandole l’intenzione di suicidarsi. La volontaria si precipitò da lei che, nel frattempo, aveva ingerito due aspirine. Nella concitazione di quegli istanti, l’attivista ha pensato a chiamare un’ambulanza - che ha portato la marocchina in ospedale - e poi i carabinieri non sapendo come sistemare i bambini. In genere ci si rivolge ai parenti fino al quarto grado, ma tant’è. I militari provarono a mettersi in contatto con il papà, che avendo un’impresa edile forse stava su un ponteggio e quindi non rispose immediatamente. Richiamò e gli venne spiegata l’emergenza e lui saltò in macchina per correre dai suoi figli. Ormai però i militari avevano già chiesto al pubblico ministero minorile dove collocarli, o meglio, “parcheggiarli” temporaneamente. Il pm Myriam Iacovello indicò telefonicamente la soluzione della comunità, riservandosi di leggere i successivi atti e di emettere il provvedimento. La mamma poche ore dopo venne dimessa con una diagnosi di demoralizzazione con iperattività ansiosa. Nulla di patologico o compromettente sotto il profilo della capacità genitoriale. Eppure da quel giorno i piccoli sono chiusi nella struttura senza neppure frequentare la scuola.
Richieste a vuoto
Gli avvocati D’Emilio e Fontana hanno scoperto che nel frattempo il fascicolo è passato al giudice civile minorile Antonella Brambilla, alla quale si sono rivolti domandando con urgenza un provvedimento per ricollocare i bambini dai genitori. «Non capiamo in forza di quale provvedimento i nostri assistiti non possano riabbracciare i loro piccoli. Non riceviamo risposte dai magistrati, ci sta aiutando la funzionaria comunale del servizio tutela minori ma nemmeno lei trova spiegazioni», sottolineano i legali. Questa mattina, domenica 9 maggio, hanno appuntamento con i carabinieri, un ennesimo tentativo di recuperare il provvedimento che il magistrato deve per forza aver emesso e attivarsi sulla base di quella carta. «Così forse comprenderemo cosa sia successo e soprattutto il motivo per cui una emergenza che si sarebbe risolta lasciando i bambini dagli zii a Gallarate per qualche ora, sia diventata una grave ragione per toglierli ai loro genitori, con cui erano felici».
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