IL CASO
Cancellone chiuso, costruttore rovinato
La storia del passaggio tra vicolo dell’Assunta e via Roma in trent’anni di cause

«Non mi vergogno a dirlo. Questa vicenda mi ha rovinato». Allo strano caso del cancello chiuso tra vicolo dell’Assunta e la corte di via Roma si aggiungono nuovi tasselli a quelli emersi da una petizione da parte dei negozianti per aprire il cancello e dar respiro, con il transito pedonale, a due zone neglette, isolate e depresse del centro storico.
Dopo l’estremo degrado riferito dal titolare di una vetrina, ne esce un quadro intricato anche per le implicazioni che ancora presenta, con due procedimenti aperti, uno al Tar e l’altro al Consiglio di Stato.
A ripercorrere «il bagno di sangue» che lo ha messo alle corde è Aurelio Tognon, titolare della società Targen e costruttore della palazzina in fondo al vicolo: un piccolo centro commerciale composto da dieci negozi su due piani, con portici, fontanella e fioriere.
L’edificio, sorto nel 2002, è una sorta di fantasma, del tutto invisibile a chi passeggia per il centro, nonostante disti pochi metri da piazza Santa Maria, anche a causa della passaggio negato tramite il famigerato cancello: «Per quel che so, la decisione è del privato contro il Comune, che non contribuiva alle spese di mantenimento e manutenzione. Legittimo. Ad ogni modo, tale problema sarebbe stato aggirato se, come d’accordo, si fosse aperto un varco pedonale a lato, tra portico e cortile, dove avremmo dovuto eseguire lavori di urbanizzazione, con una decina di parcheggi e un giardinetto completo di sentieri e illuminazione».
Perché tutto sia andato a monte è materia controversa, su cui i giudici si sono espressi fino al terzo grado di giudizio, dando ragione al Comune: «Nessuno ha negato che non mi sia stata mai consegnata l’area per realizzare i lavori, ma la sentenza sostiene che si tratta di un particolare irrilevante».
La vicenda si trascina da trent’anni: nel 1989 la Targen acquista l’area per demolire l’esistente e destinarla ad uso commerciale; assolti gli obblighi di legge, il rilascio della concessione doveva essere una formalità. Invece, si farà attendere 12 anni: «Rifiutarono perché a loro dire il progetto non rispettava la distanza dagli edifici confinanti, ma la convenzione parlava di aderenza ai confinanti e, ricorrendo al Tar, ottenemmo la concessione. Nessuna risposta, invece, è mai arrivata ai numerosi solleciti di consegna dell’area per urbanizzare il cortile e aprire il famoso varco, che si era reso necessario, perché nel frattempo il cancello, che era sempre rimasto aperto, venne chiuso».
Come se non bastasse qualche anno fa si apre un nuovo contenzioso col Comune che intima il pagamento di una penale per non avere eseguito i lavori.
«Per dare una misura di quanto ci abbia rimesso dico solo che quel che comprai a 5 o 8 milioni di lire nell’88 lo sto svendendo a mille euro il metro quadro. Su dieci negozi, quattro sono ancora invenduti. Gli altri sei li regalerebbero». In quanto al degrado, sembra una barzelletta e invece: «È successo davvero che le nostre telecamere abbiano filmato un tizio nell’atto di defecare davanti a un negozio».
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