L’APPELLO
«Incubo stalker ai domiciliari»
La 35enne: «Doccia gelata dopo pochi giorni di serenità»
«Sono ripiombata nell’incubo».
È stato breve il periodo di tranquillità di Chiara (il nome è di fantasia), la 35enne di Busto Arsizio che da circa quattro anni viene perseguitata da un vicino di casa.
L’uomo, un quarantenne italiano, era stato arrestato per stalking l’8 gennaio. Ma negli scorsi giorni gli sono stati concessi gli arresti domiciliari. Ora l’individuo si trova a casa di una zia, con la possibilità di effettuare il tragitto casa-lavoro.
«Ma l’esperienza mi ha insegnato che quell’uomo è assolutamente imprevedibile – dice Chiara -. Mi auguro che rispetti le disposizioni. Ma non posso dire di sentirmi tranquilla».
Il calvario inizia nel 2016, quando la donna e il suo compagno vanno a vivere nell’attuale abitazione in una zona centrale di Busto. Ad accendere la miccia – sembra incredibile ma è proprio così – è una discussione legata a un parcheggio. Al compagno di Chiara viene dato il permesso di posteggiare il proprio furgone nel cortile dello stabile, di fronte alle finestre dell’intollerante vicino. Il quale, da quel momento, comincia a prendere in antipatia - anzi in odio - la coppia: «Ci controllava assiduamente dalla finestra e quando ci vedeva ci insultava: parole irripetibili rivolte sia a me sia al mio ragazzo. Io ho sempre cercato di stare tranquilla: anche perché, soffrendo di sclerosi multipla, devo cercare di innervosirmi il meno possibile».
La coppia sopporta in silenzio. Ma i comportamenti del persecutore peggiorano: dalle parole, lo stalker passa ai fatti. «Una sera – racconta la donna – lo abbiamo visto salire dalle scale con due coltelli in mano. Li brandiva con fare minaccioso. E per la prima volta ho provato paura vera. Ma c’è stato un altro episodio grave. Mentre rientravo a casa in auto da sola (il mio compagno era fuori per lavoro), tanto per cambiare ho trovato il vicino ad accogliermi alla sua finestra con insulti pesanti. Mi sono chiusa in macchina in preda al panico e solo grazie all’aiuto di un amico sono riuscita a rientrare in casa».
Dopo quell’escalation di minacce e atti violenti (spesso sotto effetto dell’alcol) la coppia va a denunciare il persecutore. Capace con i suoi atteggiamenti di rendere la vita impossibile a Chiara: «Non uscivo più da sola, non mettevo più piede neanche sul balcone. Quella presenza rappresentava un incubo. Un’ombra immancabile che condizionava qualsiasi nostro movimento».
Si capisce che Chiara abbia accolto con un sospiro di sollievo la notizia dell’arresto: «Ho riassaporato per qualche giorno la libertà di fare il giro dell’isolato da sola, di uscire sul balcone, di invitare a casa gli amici. Gesti semplici che prima non potevo permettermi». Ora però è arrivata una nuova doccia gelata: «Sapere che quella persona sia ancora in condizione di farci del male non mi fa stare serena».
La vittima di questo persecutore è all’ottavo mese e mezzo di gravidanza. E desidera tanto poter riprendere una vita normale. Senza quell’incubo costante dietro la porta di casa.
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