SCALO NORD
Morto un clochard in stazione
Quarantunenne tunisino colto da malore mentre dormiva sulla grata, soccorsi inutili

Un connazionale, lo stesso che domenica diede l’allarme per soccorrere il compagno di sventura che si era sentito male, ieri ha posizionato una pianticella in quell’angolo desolante in cui un quarantunenne tunisino ha iniziato l’agonia che lo ha portato alla morte.
LA CELLETTA E IL DRAMMA
È successo alla stazione Nord, dove il freddo pungente ha piegato la resistenza ormai già compromessa di un fisico devastato dalle privazioni e dall’alcol. Un clochard, uno di quelli che non hanno mai voluto rientrare nella rete assistenziale predisposta per aiutare le persone emarginate, ha perso la vita così. Si è sentito male su quella grata che da tempo aveva eletto ad abitazione, costruendoci attorno una gabbietta protettiva di quelle che hanno suscitato tantissime proteste da parte dei pendolari e tantissima eccitazione fra i topi che hanno iniziato a popolarle. Pochi giorni fa, dunque, l’uomo ha iniziato a lamentarsi, a vomitare sangue, a soffrire in maniera dolorosa la prolungata ipotermia. Lo hanno portato in ospedale per provare a salvarlo. «Li ho chiamati io i soccorsi - racconta il “collega” - ma purtroppo era debole e dopo qualche ora è morto».
ANNI AI MARGINI
Difficile ricostruire il profilo di una persona che per tanto tempo ha vissuto come un fantasma vicino ai binari. C’è chi lo ricorda come un ragazzo comunque mite, chi racconta la sua disavventura umana acuita dall’abuso di alcol. Di certo lo straniero aveva 41 anni e, da almeno quindici, viveva in Italia. Le difficoltà lo avevano progressivamente posto in un angolo, lui estraneo in un Paese nel quale ha fatto fatica a trovare spazio. Anzi, l’unico angolo che è riuscito a ritagliarsi è stato quello fra due muri dello scalo, in una celletta degradata che i vigili hanno anche provato a smontare qualche tempo fa ma che è stata subito ricostruita. I passanti giravano al largo. Qualcuno allungava una monetina, quanto bastava per rifornirsi di cibo e vino e poi rimettersi lì a far nulla. Insomma, un personaggio ormai conosciuto nel sottobosco della povertà bustocca e che in quelle condizioni ha rovinato se stesso e il suo fisico, senza mai riuscire davvero a farsi aiutare. Il tutto sino a trovarsi a cedere irreparabilmente in questi giorni, sotto i colpi dell’inverno più rigido. Il connazionale che gli stava accanto e ha attivato i soccorsi, assicura che comunque qualcuno dei parenti in patria è stato avvisato e che la salma verrà presto riportata a casa per darle sepoltura.
IL CASO IRRISOLTO
Insomma, una tragedia che ieri ha cominciato a far riflettere molte persone, a mano a mano che la notizia si è diffusa. Perché - al di là del cordoglio per la perdita di una vita umana - un dramma come questo pone davanti a tanti interrogativi. In primis evidenzia come si siano create in città delle zone (e la stazione Nord ha un posto di rilievo in questo triste elenco) in cui la condizione di senzatetto si somma a un disagio tale che - anche chi cerca di aiutare - deve fermarsi per non rischiare la propria incolumità. D’altronde la morte di questo tunisino non può essere imputata a una mancanza di tentativi di soccorso. Semmai è una storia desolante che indica come nel precipizio tutto si faccia più buio e complicato, al punto che chi ci cade perde la lucidità per farsi dare una mano a risalire. Così ieri alle Nord si stagliava quel posto lurido ma stavolta vuoto, dove ancora un tunisino si affannava a sistemare quella pianta in ricordo dell’amico che non c’è più.
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