LA CONFESSIONE
Rissa in piazza: «Sono stato io»
Si è presentato dai carabinieri il protagonista del parapiglia di sabato notte

Non c’è stato neppure bisogno di svolgere particolari indagini per risalire all’uomo che la notte di sabato 17 agosto ha movimentato oltremodo pizza Vittorio Emanuele II e l’ex bar Degli Angeli, in quella che per le vecchie generazioni rimarrà sempre piazza Tre Culi.
Nel pomeriggio di ieri, mercoledì 21 agosto, il quarantaquattrenne - volto decisamente noto alle forze dell’ordine e ai palazzi di giustizia, con un lignaggio criminale di tutto rispetto - si è presentato dai carabinieri accompagnato dall’avvocato Francesca Cramis e ha ammesso: «Sono stato io, ma ora vi spiego la mia versione dei fatti e il motivo per cui ho perso le staffe».
A scatenarlo sarebbe stata una barista cinese «che già la sera prima aveva trattato male un ragazzo disabile», spiega il bustese.
Sabato, poco prima delle 2, lui e il figlio erano seduti al tavolino del locale a bere una birra.
Il ragazzo sarebbe entrato nel locale per chiedere patatine e stuzzichini assortiti e - per ragioni che nessuno è in grado di chiarire - la cinese avrebbe reagito a dir poco nervosamente. Forse aveva voglia di chiudere e andarsene a dormire, o forse non è incline a coltivare rapporti di cortesia e fidelizzazione con la clientela.
Sta di fatto che avrebbe preso una sedia e l’avrebbe data in testa al giovane.
Il padre, davanti a quella scena, non ha potuto fare altro che intervenire.
«Mio figlio è educato, è una persona gentile, non ha mai avuto questioni con la legge. Volevo difenderlo dall’aggressione ingiustificata».
La barista però avrebbe giocato d’anticipo, replicando una sorta di oltraggio di Anagni.
Sì insomma, ha mollato uno schiaffo al noto (ex) malvivente.
Scontata la reazione: il quarantatreenne le ha dato uno spintone per allontanarla e lei è caduta lunga e distesa. Un altro cliente ha pensato bene di intromettersi alzando a sua volta le mani «e, insomma, ha avuto la peggio», racconta l’uomo.
«Mi sono soltanto difeso, tutto l’episodio è stato ripreso dalle telecamere e le immagini non mi smentiscono».
Uscito dal bar, gli è arrivata addosso un’altra sedia, scagliata dall’indomita cinese.
«Stavo per andarmene, ma sono tornato indietro a pagare, nonostante tutto. Mi spiace per quello che è successo, ma cosa avrei dovuto fare?».
La donna nel frattempo è andata a farsi refertare in pronto soccorso e ha chiuso l’attività per tre giorni.
«Ma la verità è quella che ho raccontato io ai carabinieri e loro hanno tutti i riscontri».
L’uomo insomma ci ha messo la faccia. Contando solo sulle immagini della videosorveglianza non sarebbe stato facile per i militari riconoscerlo e attribuirgli responsabilità di sorta. Gli sarebbe andata bene, come si suol dire.
«Ma il mio assistito è molto cambiato, è una persona completamente diversa da quella che iniziai a difendere venticinque anni fa», assicura l’avvocato Cramis.
«Come del resto sono diversi i suoi parenti, trasformati pure loro dal percorso compiuto. Con la delinquenza non hanno più niente a che fare. Questo è il caso in cui mi sento di poter affermare che il carcere è servito».
E riflette: «Qualsiasi genitore avrebbe una reazione forte davanti a un figlio in pericolo. Lo si può comprendere. Io, da mamma, farei di peggio».
La vicenda è comunque al vaglio dell’autorità giudiziaria, che dovrà valutare se e quali contestazioni muovere.
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