L’ACCUSA
«Sarai la mia schiava del sesso»
Avrebbe costretto la compagna a rapporti sessuali per sei anni. Compagno rinviato a giudizio

«Sarai la mia schiava sessuale», le garantì. E mantenne la parola. Sei anni di perversioni e plagio perché «Se non riesci a soddisfarmi non servi a niente».
Gli ardori dell’erotomane sono stati spenti per la prima volta dagli inquirenti, che lo hanno dichiarato semi infermo, socialmente pericoloso e quindi spedito in una comunità. Ieri, giovedì 21 marzo, un’altra doccia fredda: il gup Piera Bossi lo ha rinviato a giudizio con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, così come richiesto dal pubblico ministero Francesca Parola.
Non solo. Il processo non si terrà davanti al giudice monocratico, bensì al collegio poiché troppi sono gli elementi che lasciano intravvedere i reati di violenza sessuale se non addirittura di riduzione in schiavitù.
La vittima - assistita dall’avvocato Cristina Torretta - si è costituita parte civile, così come il centro di sostegno Eva onlus. Nel frattempo il perito nominato dal gup Bossi si è espresso sulle attuali condizioni dell’imputato: è capace di stare in giudizio, la terapia che sta seguendo a quanto pare dà buoni risultati.
Incredibili le dinamiche che era riuscito a imporre nel rapporto con la compagna: i due si misero insieme quando lei aveva appena sedici anni e da quel momento iniziò la sottomissione sessuale completa.
Almeno tre rapporti al giorno e guai a lei sottrarsi o offrire prestazioni scadenti: quando accadeva il compagno la massacrava di botte, la puniva, la costringeva a dormire sul divano.
La giovane doveva poi impersonare il ruolo della escort per accendere le fantasie del partner. Dunque doveva prestarsi a chat erotiche simulando di essere una squillo conosciuta su Facebook e di avere un tariffario. Poi doveva quindi accettare anche gli incontri nei motel e soprattutto era obbligata alla disinibizione più totale per appagare e compiacere il convivente.
Quando falliva erano appunto schiaffi e calci, ma non solo: i soldi per la stanza a ore doveva metterceli lei.
L’atteggiamento perverso - oltretutto accompagnato da un eloquio osceno, volgare, offensivo - non cambiò nemmeno quando la donna era incinta del loro bimbo, costretta a concedersi a dieci giorni dal parto nonostante il parere negativo del ginecologo, che aveva riscontrato un elevato rischio.
Ovviamente l’imputato l’aveva isolata dal resto del mondo, tagliandole i contatti con amici e parenti, di fatto facendole terra bruciata intorno. Pochi mesi dopo la nascita del piccolo, nel 2018, la neo mamma trovò la forza di interrompere quella relazione malsana. Si rivolse a Eva onlus che la accompagnò, non solo psicologicamente, nell’iter procedurale che fece approdare il suo caso sul tavolo del pubblico ministero Susanna Molteni.
A quanto pare l’uomo, dopo l’abbandono, tentò due volte il suicidio, di certo comunque venne ricoverato in psichiatria. Oggi non è più considerato pericoloso, quindi è libero. Avrebbe anche provato a riavvicinarsi alla ex, contattandola via e-mail.
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