NÉ CASA NÉ CHIESA
Svolta nell’ultimo addio
Nascono spazi per cerimonie e buffet

Sarà la visione di troppi film americani, sarà che le tradizioni cattoliche non sono più unanimemente condivise. Di certo c’è che anche le modalità con cui dare l’estremo saluto ai propri cari cambiano.
Anche a Busto Arsizio, dove alcune pompe funebri si attrezzano per cerimonie laiche e, soprattutto, per ospitare i feretri che le famiglie preferiscono non accogliere in casa.
«Cambia il commiato - rivela Fabrizio Bottigelli, attivo alle pompe funebri Fratelli Ferrario - La gente inizia a preferire cerimonie personalizzate. Mentre in un rito cattolico il sacerdote tende a ripetere per tutti le stesse parole sul significato della morte, c’è chi vuole evidenziare le caratteristiche del defunto, quello che ha fatto, quello che amava. Ci si rivolge più all’uomo che al rapporto con Dio».
La società ha studiato due diversi spazi: uno in cui accogliere la salma e in cui riunirsi anche per un rosario o per la benedizione di un prete; un altro in cui consentire ai parenti di incontrare amici e conoscenti. E qui l’influenza anglosassone si fa sentire, perché accanto a un telefono per rispondere a chi è lontano ci sono pasticcini o pizzette, in segno di gentilezza verso chi arriva a fare le condoglianze.
«Non si tratta di un party funebre - spiega Bottigelli - Offrire the caldo e biscotti è un segno di gentilezza, molti lo chiedono. Alcuni vogliono un piccolo buffet. È un modo per ringraziare chi viene a esprimere il proprio cordoglio».
La sala è aperta dalle 8.30 alle 18.30. La famiglia è presente, magari torna a casa per il pranzo. I salottini sono disponibili per i giorni di attesa prima della sepoltura. A disposizione c’è pure un cerimoniere, che incontra i parenti stretti per proporre poi una memoria del caro estinto. Legge i testi scelti, lascia spazio a chi volesse raccontare aneddoti. «Emoziona parecchio - conclude Bottigelli - C’è chi rievoca anche fatti buffi. Si può agire in autogestione, con testimonianze di varie persone e un saluto finale del cerimoniere. È molto sentito. Si presta attenzione al defunto: un’omelia è coinvolgente se il sacerdote conosceva la persona, altrimenti c’è un po’ di distacco. Questa formula evidenzia l’aspetto più umano del commiato».
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