IL CASO
Tre volte negativo: muore
Scoperto troppo tardi che un anziano aveva il Covid
Entrare in ospedale per un’occlusione intestinale e uscirne in una bara, stroncato da un contagio di Covid che ben tre tamponi non avevano rilevato. A Giovanni Paletti il virus è stato diagnosticato solo attraverso il broncoaspirato, quando ormai però era troppo tardi per impostare la terapia necessaria. La famiglia del settantottenne è sicura: «Ha contratto il virus in ospedale e ci chiediamo: se non si fosse contagiato sarebbe ancora vivo? Non voglio nemmeno pensarci».
«Il figlio non ha ancora deciso se rivolgersi all’autorità giudiziaria oppure no, perché tanto non attenuerebbe il lutto. Ma vuole sfogarsi. Il 30 dicembre il pensionato accusò un forte dolore all’addome. Il 31 i parenti lo portarono al pronto soccorso: venne sottoposto a gastroscopia che non evidenziò nulla di anomalo, non venne sottoposto a tampone e nel pomeriggio venne dimesso.
Le sue condizioni non miglioravano, così nella notte tra Capodanno e il 2 gennaio il figlio riaccompagnò Giovanni all’ospedale. In questo caso il tampone rino-faringeo venne eseguito e dette esito negativo. I medici lo trattennero per gli opportuni accertamenti, lasciandolo però su una barella in corridoio.
Nelle stesse condizioni c’erano altre sei persone con un via vai di pazienti e parenti continuo. A quanto pare non c’erano letti disponibili nei reparti. Al figlio Giuseppe venne detto che in una delle Medicine c’era stato un focolaio e che quindi era chiusa. Altri due giorni sulla lettiga del pronto soccorso e poi un altro tampone, sempre negativo. Il 3 e il 4 gennaio a Giuseppe avevano il permesso di far visita al padre, non più di dieci minuti e con guanti e mascherina. Il pomeriggio del 4 l’anziano venne portato in reparto, e anche il terzo tampone risultò negativo. Il 6 gennaio, dopo la broncoaspirazione, l’uomo risultò affetto da covid. In origine il settantottenne aveva un’occlusione intestinale, motivo per cui ebbe sintomi di vomito accostati a difficoltà respiratorie, come fosse una sorta di polmonite ab intestis. Ma di fatto a ucciderlo è stato il virus che sta mettendo a dura prova le certezze scientifiche, le competenze mediche, il sistema sanitario e anche quello economico mondiale. La famiglia Paletti non è in cerca di risarcimenti o di risposte penali alla loro sofferenza. Vuole più che altro indurre a una riflessione: «Da marzo non è cambiato nulla. In ospedale non ci sono stati miglioramenti nella gestione dei malati, nell’organizzazione del lavoro. Come all’inizio della pandemia la gente resta sulle barelle in corridoio sperando che si liberi un posto prima che sia troppo tardi».
© Riproduzione Riservata