LA SENTENZA
Massacrò la moglie: 20 anni
La Cassazione conferma la pena a carico di Muhamed Vrapi

Vent’anni di carcere. La sentenza per Muhamed Vrapi è diventata definitiva.
La Cassazione ha rigettato i ricorsi confermando quindi quanto stabilito dalla Corte d’assise d’appello: per l’omicidio della moglie Diana Koni non può essere contestata l’aggravante della crudeltà. Per questo i trent’anni inflitti dal gup Piera Bossi in primo grado, con rito abbreviato, si sono ridotti così drasticamente.
Del resto l’orientamento della Suprema corte è tracciato da tempo: per riconoscere la circostanza devono esserci elementi specifici.
Se la vittima muore subito dopo l’aggressione, per quanto l’assassino si accanisca sul cadavere non può cagionare atroci sofferenze «completamente inutili rispetto a quelle necessarie per causare il decesso».
I trentaquattro fendenti inflitti alla donna, l’ultimo dei quali sferrato nella schiena, dove Muhamed conficcò il coltello dopo averlo lavato a parere dei giudici non fu sadismo e neppure sevizia. Nelle motivazioni di secondo grado spiegavano che «metà delle ferite ha attinto la zona toracica», e che quindi «la morte di Diana è avvenuta rapidamente».
Il sessantasettenne albanese - difeso dall’avvocato Fabrizio Cardinali - è rinchiuso nel carcere di Busto dal 14 giugno 2017, giorno in cui l’abitazione dei Vrapi in via Goito si trasformò in un mattatoio.
Dopo trentotto anni di matrimonio non sempre sereni, Diana scoprì che il marito aveva riallacciato i rapporti con una ex fidanzata che non vedeva più da almeno quarant’anni e che viveva negli Stati Uniti. Ma i contatti via chat erano continui e quotidiani e le conversazioni erano di natura intima. Fu la goccia che fece traboccare un vaso colmo di infelicità. Perché in realtà Muhamed era sempre stato violento, prepotente, manesco sia con la donna che con i loro tre figli. L’aveva picchiata anche durante la terza gravidanza, e le conseguenze sull’ultimogenito sono rimaste.
Decise così di lasciare il marito. Pochi giorni prima dell’omicidio prese qualche indumento e abbandonò la villetta di via Goito.
Il 14 giugno fece ritorno per portarsi via quel che era rimasto e forse credeva che Muhamed fosse fuori. Invece no, c’era. Ed era molto contrariato e offeso da quell’atto di ribellione della moglie. I due iniziarono a litigare: Diana gli disse: «Ci penserà l’avvocato» e per il marito quella frase suonò come un affronto intollerabile.
Lui prese un coltello da cucina e la colpì nel fianco. La cinquantaduenne cercò di scappare in un’altra stanza ma l’uomo la inseguì senza darle tregua.
© Riproduzione Riservata