LO SFOGO
Delitto Vrapi, accusa al sindaco
Parla il figlio della vittima: «Ci aveva promesso sostegno ma è sparito». E il gup ha depositato le motivazioni della condanna

Omicidio di via Goito, a pochi giorni dalla condanna a trent’anni di Muhamed Vrapi per l’omicidio della moglie Diana, parla il figlio della coppia, Brigel. E punta il dito contro il sindaco Emanuele Antonelli.
«Lo ringrazio molto - confida ironicamente -. Ha fatto promesse che non ha mai mantenuto, non è un uomo di parola. È un marinaio. Ha usato la nostra vicenda per farsi propaganda elettorale».
Il delitto risale al 14 giugno del 2017.
Davanti all’abitazione dei Vrapi quel giorno si presentò l’ex vicesindaco Stefano Ferrario per portare la solidarietà dell’amministrazione alla famiglia di Diana, una donna molto conosciuta e amata dalla comunità.
Nei giorni successivi, il primo cittadino Antonelli fece un ulteriore passo.
«Mi volle contattare direttamente lui per garantirmi che ci sarebbe stato vicino. Io glielo dissi: “spero non sia una passerella personale. Mi assicurò di no, invece non ha mai fatto nulla».
Non si trattava di un sostegno meramente economico. Tragedia nella tragedia, Muhamed e Diana avevanotre figli: Elona, Brigel e Stiven. Quest’ultimo nacque con una grave disabilità, provocata probabilmente dalle percosse che il padre infliggeva alla moglie durante la gravidanza (il sessantatreenne, stando a quanto emerso dalle indagini, è sempre stato un uomo violento e prevaricatore, un padre padrone).
Il giovane è infatti inserito nella categoria protetta, in quella delle fasce deboli. Trovare un lavoro idoneo alle sue esigenze speciali, per esempio, sarebbe stato un importante appoggio.
«Noi non chiediamo l’elemosina, non vogliamo soldi da nessuno. Serviva altro per mio fratello e il sindaco si propose di aiutarci, sbilanciandosi. Invece Stiven è rimasto per un anno in mezzo alla strada, se non fosse stato per me e mia sorella, che ci siamo totalmente occupati di lui, non avrebbe saputo come fare».
Intanto nei giorni scorsi il gup Piera Bossi ha depositato le motivazioni della condanna a trent’anni. A parere del giudice le trentaquattro coltellate che l’imputato - difeso dall’avvocato Fabrizio Cardinali - dette alla moglie maturarono nella sua testa tre giorni prima dell’omicidio. Come è stato raccontato più volte, Diana aveva scoperto una relazione via chat tra il marito e una fidanzata di quarant’anni prima, residente in America e rimasta vedova da poco. Ormai Muhamed viveva attaccato al cellulare, era telefonodipendente, come disse la figlia agli inquirenti. La domenica prima della mattanza i coniugi erano andati al lago con alcuni parenti e il figlio Stiven.
Mentre passeggiavano Diana rimproverò il marito davanti a tutti: «È sempre al cellulare, scrive alle amanti, scrive a tutte le donne».
«Stai attenta, non prendermi in giro», rispose lui secco e offeso. Alla sera Diana lesse i messaggi e lo insultò. Lui distrusse il telefono lanciandolo contro il muro. La donna se ne andò di casa.
Il mercoledì tornò in via Goito per prendere alcune cose. Muhamed le chiese il bancomat, lei gli disse che l’aveva dato all’avvocato per occuparsi della separazione e lo scansò con le mani.
L’uomo, con glaciale crudeltà, andò nell’orto - si legge nella sentenza - prese un coltello con cui tagliava le piante, e si avventò sulla vittima senza lasciarle scampo.
Finora non ha mai compiuto gesti concreti di pentimento nei confronti dei suoi figli. Che della madre conservano un ricordo dolcissimo, quello di una donna angelo a cui mai nessuno potrà somigliare.
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