IL DISSERVIZIO
Lasciato senza pasti all’hospice di Busto Arsizio
La moglie di un 85enne ricoverato: «Gli ho portato la pasta da casa». L’Asst: «Ritardi dovuti a malattie nella ditta che si occupa di ristorazione»

«Per due giorni ho dovuto portare io da mangiare a mio marito di 85 anni. Quando mi ha telefonato per dirmi che il carrello dei pasti non arrivava, è stato un colpo al cuore». A parlare è una donna di 81 anni, il cui marito è ricoverato da una quindicina di giorni all’hospice di Busto Arsizio. La donna precisa che «il reparto è ben organizzato, con un personale davvero encomiabile: medici e infermieri sono degli angeli».
Ma nelle giornate di venerdì e sabato si sarebbe verificato un disservizio non di poco conto: «Mio marito», racconta, «mi ha detto che venerdì ha mangiato dei biscotti che aveva in stanza, perché il carrello del pranzo non era passato. Sabato idem: mi ha telefonato alle 13.30 per chiedermi espressamente un piatto di pasta perché non arrivavano i carrelli. Allora gli ho cucinato della pasta al ragù e gliel’ho portata. Ma quella richiesta mi ha spezzato il cuore. Siamo sposati da sessant’anni, è brutto sentirsi dire “portami qualcosa perché non ho mangiato”». La donna fa sapere che domenica la situazione è tornata alla normalità, e il marito ha potuto ricominciare a pranzare puntualmente in hospice.
LA SPIEGAZIONE
Ma cosa può essere successo? Lo abbiamo chiesto al direttore sociosanitario di Asst Valle Olona, dottor Marino Dell’Acqua. «Ci risulta», spiega il dirigente, «che nella giornata di venerdì ci siano stati effettivamente dei ritardi consistenti nella distribuzione dei pasti. Ritardi dovuti a un elevato numero di malattie nella ditta che si occupa della ristorazione. Per quanto riguarda sabato, invece», aggiunge Dell’Acqua, «non ho notizie di ritardi o addirittura di pasti saltati per il mancato passaggio dei carrelli. Ci risulta che già sabato il problema sia rientrato». Per la signora invece la situazione sarebbe tornata normale solo nella giornata di domenica.
L’AMAREZZA
Almeno per un giorno, comunque, il paziente è stato vittima di un serio disagio, che ha lasciato ai famigliari parecchia amarezza anche in considerazione delle particolari condizioni di salute dell’uomo, che hanno reso necessario il ricovero in hospice. «Quando ho portato la pasta, ho chiesto di parlare con qualcuno in cucina o in direzione ma mi hanno detto che non c’era nessuno», continua l’ottantunenne: «Ora per fortuna tutto è tornato nella norma, ma mi auguro davvero di non rivivere più un’esperienza di questo tipo. Se una persona è ricoverata in quel reparto significa che si trova in condizioni di salute precarie, e non dovrebbe succedere di arrivare al punto di telefonare a casa per farsi portare del cibo».
«PERSONALE STRAORDINARIO»
La donna tiene comunque a ribadire che l’hospice di Busto è un luogo di cura assolutamente adeguato: «Il personale è straordinario», sottolinea, «sia sul piano professionale sia su quello umano. Gli ambienti sono ordinati e pulitissimi. Su questo non c’è nulla da dire. Ma un disguido come quello degli scorsi giorni non può accadere». Come abbiamo visto, la direzione sociosanitaria ha motivato l’inefficienza di venerdì con un eccezionale numero di malattie nella ditta che si occupa del servizio. Una circostanza straordinaria che non dovrebbe più ripetersi.
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