IL CASO
Scorta al procuratore
Fontana minacciato di morte da un ristoratore egiziano

Il clima non è dei più sereni in largo Giardino. Da venerdì il procuratore capo Gianluigi Fontana è sotto scorta e lo rimarrà almeno fino a gennaio. Accanto a lui e davanti al suo ufficio, ci sarà sempre un carabiniere incaricato di tutelare la sua incolumità. Un provvedimento preso con il massimo della riservatezza e che si è reso opportuno alla luce delle minacce di morte ricevute dal magistrato.
E non si tratta di un pericolo astratto, di un misterioso nemico rimasto anonimo. Ha un nome e un cognome l’uomo che ha annunciato l’intenzione di ammazzare il consigliere. È Mohamed Badawi, ristoratore saronnese fin troppo noto alle forze dell’ordine. E non solo per i reati che avrebbe commesso - proprio nei giorni scorsi gli inquirenti hanno chiuso un’indagine a suo carico per bancarotta fraudolenta - ma soprattutto per la pervicacia con cui da anni si scaglia contro la magistratura. Per mesi l’egiziano si è aggirato nei corridoi della procura tormentando tutti gli operatori, dai pubblici ministeri ai cancellieri, passando per la polizia giudiziaria. Urla, intimidazioni. Una scheggia impazzita. Cosa voleva?
Fascicoli che secondo lui sarebbero spariti e che proverebbero le sue ragioni.
Sono poche le toghe sfuggite alle sue denunce, i colleghi di Brescia, competenti sul tribunale di Busto, hanno montagne di fascicoli scaturiti dalle accuse di Badawi, tutte puntualmente archiviate per totale infondatezza delle sue tesi. Di recente ha denunciato anche l’avvocato che per anni lo ha difeso, Alberto Talamone, colpevole di aver tramato chissà cosa alle sue spalle.
E pensare che di recente, proprio grazie al suo legale, aveva vinto pure un processo in cui risultava vittima delle truffe di un penalista infedele.
Finché si trattava di una guerra a colpi di carte, atti e scenate negli uffici, la sua rabbia si poteva ancora gestire. Ma nei giorni scorsi ha alzato il tiro, ha parlato di omicidio.
Un rischio che non si può sottovalutare, la vicenda dell’ex vigile Giuseppe Pegoraro - che un giorno sparò al sindaco di Cardano al Campo - deve servire da monito. Badawi - spalleggiato dalla moglie - si sente vittima di una congiura giudiziaria. Tutto ebbe inizio con una pesantissima accusa che il ristoratore mosse contro un paio di carabinieri della compagnia di Saronno. Un giorno si presentò in largo Giardino dicendo di essere vittima di concussione: i militari, per chiudere un occhio su presunte irregolarità nel suo locale, avrebbero preteso da lui 180mila euro. Il caso venne immediatamente affrontato, furono svolte indagini approfondite, anche interne all’Arma, si cercarono le eventuali prove a supporto delle dichiarazioni dell’egiziano. Ma non emerse nulla a carico dei carabinieri. E lì iniziò la sequela di botta e risposta tra lui e l’autorità giudiziaria. A ogni archiviazione corrispondeva una denuncia contro giudici e pubblici ministeri. Al tribunale di Varese Badawi è imputato per calunnia, a Busto, davanti al giudice monocratico Cristina Ceffa, risponde di oltraggio e minacce a pubblico ufficiale. Ha anche il foglio di via, per cui sul territorio bustese non potrebbe mettere piede. Ma niente da fare.
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