L’EVENTO
L’arte di Raf Montrasio in un film
Documentario sul grande chitarrista che suonò con Carosone: girato 8 anni fa e mai proiettato in pubblico. Martedì prossimo è in programma al Teatro Sociale

Sarà per la somiglianza dei due figli Stefano e Fabio, ma una volta oltrepassata la soglia del negozio che ha lo stesso nome di cinquant’anni fa, quando loro padre lo aprì in via Sant’Antonio, nel pieno centro cittadino, non viene da usare il passato per dire di Raf. Invece, sono passati già 3 anni dalla sua uscita di scena più definitiva. A Busto, Raf è stato «un riferimento per generazioni di musicisti» e lo è ancora.
Ne darà prova “Raf Montrasio, tu vuo’ fa l’americano” un documentario girato 8 anni fa e mai proiettato in pubblico fino a martedì prossimo, 23 ottobre, quando è in programma alle 21 al Teatro Sociale, con ingresso gratuito, collateralmente al festival Eventi in Jazz.
Lo ha girato Filippo D’Angelo, ex leader dei Black Vomit, che ha affinato il diletto per la regia e il montaggio di docufilm: «Quello su Raf nacque dal suggerimento che mi lanciò un comune amico e subito accolsi come d’altronde fece lo stesso Raf, sempre disponibile a raccontarsi con me come con chiunque glielo domandasse», confida il regista.
A grandi linee, la storia di Raf è nota, ma meno noti possono essere i dettagli che lo portarono sulla cresta dell’onda, a vivere i ruggenti anni ‘50 in un sestetto che fece la storia della musica leggera italiana: «Il locale si chiamava La Porta d’Oro e si trovava in piazza Diaz, mi pare, ovviamente a Milano. Come sempre Raf chiedeva al barista di servirgli del tè che sembrasse whisky così da far scena restando però sobrio e padrone di sé: una caratteristica che mi ha sempre ispirato grande stima era proprio la serietà che lui e gli altri della sua generazione mettevano nella musica, benché alla fine suonassero nei night.
Seduto ai tavoli, alla ricerca di chi avrebbe sostituito degnamente Van Wood, era Renato Carosone. Ci tornò più volte, nel locale, le sere successive, finché non si convinse e gli offrì il contratto che, a detta di Raf, sfata il falso mito secondo cui Carosone avrebbe avuto il braccino corto. Con lui fu molto generoso, invece, e penso che ne sia rimasto soddisfatto. La celebre canzone “Tu vuo’ fa l’americano” era già stata incisa, ma venne arricchita da Raf con un assolo di mandolino immortalato nella pellicola di “Totò, Peppino e le fanatiche”. Era il dicembre del 1956 e l’anno dopo Carosone, con Raf, Gegé Di Giacomo e il resto della compagnia, partiva per una tournée a Cuba, in Venezuela e infine New York dove, nella Carnagie Hall, autentico tempio della musica newyorkese ancora in attesa dei Beatles, di là da venire, portarono per la prima volta la musica leggera italiana: «Partirono da Malpensa con la paura di volare, almeno per quanto riguarda Raf, che non aveva mai preso un aereo prima, e a Cuba incrociarono addirittura la rivoluzione di Castro e del Che. New York poi fu un tale successo che cancellarono le tappe successive in Messico».
L’incanto d’altri tempi, che ancora esce dal racconto confidato all’ex cantante punk ora regista, anche dalle parole del fisarmonicista Max De Aloe, che per combinazione fa il suo ingresso in negozio per rifornimenti: «Affascinava tutti, Raffino. Giovani e anziani. Aveva un grande passato, ma non lo faceva pesare. Ha sempre vissuto il presente. Ti stimolava con garbo. Ti faceva sentire importante. Era un autentico uomo di spettacolo. Lo è stato fino in fondo, con un tempismo da pelle d’oca. Gli dedicai l’ultima edizione del festival jazz di Gallarate, era mancato da poco».
D’Angelo parla espressamente di un poeta e anche il figlio Stefano interviene: «È vero, papà era un gran comunicatore, cosa che esce bene dal film. Con il suo parlare pulito e pieno di poesia. Di quella che ti lascia il vuoto dentro».
Oltre all’intervista a Raf, una delle poche e certo l’ultima a video, il documentario propone anche quelle ad Aldo Pagani, che fu scritturato da Carosone come settimo elemento per la tournée americana, e l’ultimo vero sopravvissuto del magico sestetto, il sassofonista Gianni Tozzi, 90 anni, di Sanremo.
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