STORIE DI EMARGINAZIONE
Busto, tra gli ultimi alla stazione
Viaggio con i volontari che assistono i senzatetto

Si fa presto a equiparare clochard e degrado. Senza considerare che dietro ogni senzatetto c’è una storia: di sofferenze, rovesci del destino, demoni che non ti vogliono mollare. Ma anche storie di riscatto, a volte. A patto di trovare qualcuno che ti tenda una mano per farti rialzare.
GLI ANGELI
Alla stazione delle Fs di Busto Arsizio, questi piccoli grandi miracoli accadono sempre più spesso. Merito degli “angeli” di Sos Stazione, una complessa rete di volontari appartenenti a diverse realtà solidali presenti sul territorio cittadino: Caritas, Croce Rossa, Comunità Giovanile, Frati Minori, Chiesa evangelica, Ali d’Aquila. Un piccolo esercito della carità, che ogni singolo giorno dell’anno (festività comprese) garantisce ai senzatetto che gravitano attorno alla stazione (mediamente si parla di venticinque, trenta persone) un pasto caldo, una carezza, un aiuto concreto per provare a riemergere dall’abisso e ricominciare a vivere davvero. «Il momento della cena è un’occasione importante per creare relazioni di reciproca conoscenza e amicizia - sottolinea Emilio della Caritas -. Quando queste persone capiscono che possono fidarsi, si aprono. E allora sì che si può cominciare effettivamente un percorso insieme».
STRADA TORTUOSA
La strada è tortuosa, il rischio di inciampare di nuovo è sempre dietro l’angolo, ma a volte si arriva alla meta. E quando succede è bellissimo. «Alessandro era in stazione da anni, ora è in comunità – elenca Maria di Comunità Giovanile -, Gabriele e Federico sono anche loro in comunità a Molteno, Mauro è a Corbetta, Danilo fa il cuoco vicino a Malpensa, Valentina, che è ucraina, ha finalmente ottenuto i documenti e ha lasciato il dormitorio». E poi c’è Dario: una brutta storia di alcolismo alle spalle, tre anni in stazione da classico clochard, copertona e zaino: «Dormivo per terra, ho passato momenti bruttissimi. Ma ho trovato le persone giuste – dice, indicando Emilio, Maria e Giovanna – e finalmente ho deciso di andare al Sert». Certo, il cammino è ancora lungo, ma oggi Dario può mostrare con orgoglio le chiavi del suo appartamento all’interno di una Fondazione cittadina.
CARTE IN REGOLA
Un passo fondamentale è la regolarizzazione dei documenti. «Senza quelli, non esisti e non puoi fare nulla – evidenzia ancora Maria -. Ma nessuno se la sente di varcare da solo la soglia dell’anagrafe provenendo dai binari di una stazione, con i vestiti sporchi. Diventa molto più semplice se qualcuno ti accompagna».
La rete solidale cittadina non si limita ad offrire la cena alle persone bisognose: le associazioni cittadine si coordinano tra loro per cercare di risolvere quantomeno i bisogni primari di chi vive a Busto senza avere a disposizione una fissa dimora: c’è la mensa di fra Pietro Pagliarini al convento dei frati, ci sono i giovani di “Ali d’Aquila” all’oratorio San Filippo che permettono ai clochard di fare la doccia e ritirare vestiti puliti.
STORIE DI VITA
A dormire in stazione ci si può finire in tanti modi. Tra chi vive vicino ai binari di piazza Volontari della Libertà c’è chi ha perso il lavoro, chi arriva da separazioni traumatiche, chi è uscito dal carcere ma non trova un’occupazione per poter ricominciare, chi è vittima di dipendenze, chi invece è arrivato in Italia da lontano ma non è riuscito a integrarsi nella nuova realtà. La maggior parte dei senza fissa dimora presenti in città è comunque di nazionalità italiana.
«Una volta conosciuta bene la persona, si lavora per risolvere la causa principale dei suoi problemi – spiega ancora la volontaria Maria - Spesso si tratta di dipendenze, e in quel caso proviamo a convincere il nostro amico a rivolgersi al Sert».
Il CASO DARIO
Come ha fatto Dario: «Per fortuna ho incontrato i volontari giusti – sorride -. A un certo punto mi sono reso conto che valeva la pena provare». E adesso è qui, con in mano un mazzo di chiavi, e negli occhi una dignità ritrovata dopo il periodo difficile trascorso.
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