STRAGE DI CADREZZATE
Elia, da 23 anni in cella: «Sceglie di punirsi»
Nella notte tra il 6 e il 7 gennaio 1998 uccise con sei colpi di fucile i genitori e il fratello. Del Grande è rinchiuso a Cagliari: i guai a Opera e la tentata evasione da Pavia gli hanno impedito di chiedere la semidetenzione

Era una mattina come quella di oggi: asciutta, fredda ma non polare. Il risveglio a Cadrezzate fu subito travolto da stupore e angoscia; nessuno l’avrebbe più dimenticato. Nella notte tra il 6 e il 7 gennaio del 1998 un giovane allora 23enne uccise, in sequenza, a colpi di fucile, il padre, la madre e il fratello maggiore. Sarebbe passata alla storia come una delle più crudeli stragi famigliari.
“La strage dei fornai”, perché le vittime avevano diverse attività di produzione del pane. «Ripete che non sa che cosa gli sia passato per la testa quella notte». Così, l’autore sta rivivendo la tragedia. Lui, l’assassino, è Elia Del Grande, oggi un uomo di 46 anni. A rivelare il suo tormento è il legale che lo ha difeso negli ultimi anni: l’avvocato Eliana Zecca, di Milano. «L’ho sentito di recente - spiega - e la percezione è sempre quella di un uomo che a livello mentale è condizionato dal dolore che si porta dentro». Traspare dunque un’angoscia che non era quella delle prime parole dette ai carabinieri che lo avevano preso in consegna: «Li ho uccisi, non mi importa della loro morte».
Elia Del Grande è oggi rinchiuso nel carcere di Cagliari. Non è in isolamento. La sua vita da detenuto è cominciata a Varese, ai Miogni, proseguita nel carcere milanese di Opera, poi in quello di Pavia e infine, dal 2016, nel penitenziario in Sardegna.
Dopo 23 anni dietro le sbarre, potrebbe, anzi avrebbe già potuto beneficiare di un regime di semi-detenzione, ma si è sempre messo nelle condizioni di non poterlo ottenere. E qui subentra una valutazione molto particolare. «È come se inconsciamente, per punirsi, abbia sempre combinato qualche pasticcio quando poteva per lui esserci una prima svolta» spiega il legale.
In effetti: era successo nel carcere di Opera, «dove aveva comunque un ottimo rapporto con tutti», e si è ripetuto a Pavia dove Elia aveva pianificato una fuga da film, «si era immaginato fuga da Alcatraz». Per quel tentativo di evasione, immaginato con modalità appunto da cinema, calandosi con le lenzuola annodate, Del Grande è stato condannato a sei mesi. Una condanna non dura nel quantitativo di pena ma pesante come un macigno sulla possibilità di ottenere un regime penitenziario con benefici (finora ha goduto solo di permessi premio).
L’autore della strage dei famigliari è consapevole che così pregiudica una vita parzialmente diversa e lo fa, quasi scientemente, sempre nel momento propizio? «Non lo dice ma secondo me è così: quando è a ridosso di uno spiraglio di libertà, lo vanifica. E questo, sempre secondo me, perché Elia non vuole parlare di quanto avvenuto quella notte, è dovuto al dolore che si porta dentro». Era stato condannato a tre ergastoli in primo grado, pena ridotta in appello a trent’anni. «Comunque - precisa l’avvocato milanese Zecca - sarebbe ancora, adesso, nelle condizioni tecniche di poter ottenere dei benefici. Se mi esternerà questa volontà, ne farò richiesta. Il problema è anche che Elia Del Grande a volte invia di persona istanze, senza il supporto dell’avvocato».
Così è stato un paio d’anni fa quando ha chiesto la revoca dell’isolamento. Del tutto inutile: già non era più in quella situazione detentiva e non c’era motivo di temere che gli venisse riapplicata. Il giudice quindi: «Non luogo a provvedere».
Elia ha da anni una compagna. Non ha più parenti: morte anche la nonna e la zia che lo avevano in qualche modo seguito dopo la strage. «Non ha avuto contatti con nessuno» conferma il legale, precisando che Del Grande risulta senza reddito, nonostante la sentenza di appello lo abbia, un po’ a sorpresa, riabilitato come erede del patrimonio di famiglia. Resta sullo sfondo la domanda: quando si aprirà uno spiraglio di vita diversa per Elia? Sembra dipendere sempre da lui. E finora se l’è negato.
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