IN CASSAZIONE
Piccolomo assolto, doppio ricorso
Procura generale e parti civili contro il “non doversi procedere” pronunciato a gennaio dalla Corte d’assise d’appello

Non uno, bensì due ricorsi in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano del gennaio scorso «di non doversi procedere» a carico di Giuseppe Piccolomo.
Sentenza che ha azzerato la condanna all’ergastolo nei confronti del 69enne originario di Corato emessa in primo grado dalla Corte d’Assise di Varese per l’omicidio di Marisa Maldera, la prima moglie, morta carbonizzata a Caravate la sera del 20 febbraio 2003. A proporli sia il sostituto procuratore generale Daniela Meliota, sia gli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza, legali di parte civile delle due figlie dell’imputato, che nel frattempo sta scontando un ergastolo per l’omicidio di Carla Molinari, la tipografa in pensione sgozzata e mutilata nella sua casa di Cocquio Trevisago nel novembre del 2009.
Entrambi i ricorsi contestano l’interpretazione della Corte d’Assise d’Appello secondo cui si sarebbe di fronte a un’ipotesi «quasi scolastica» del principio del “ne bis in idem”, la norma che tutela il fatto che un uomo, nella sua vita, non possa essere processato due volte per lo stesso caso.
L’azione penale, a seguire i giudici di appello, sarebbe stata erroneamente esercitata in quanto il fatto di reato è già stato definito con la sentenza di patteggiamento a un anno e tre mesi per omicidio colposo risalente al gennaio 2006.
A detta della Procura Generale e degli avvocati di Cinzia e Tina Piccolomo le condotte attribuite all’imputato sarebbero invece profondamente diverse: in base alla sentenza di patteggiamento per omicidio colposo, Piccolomo avrebbe sbandato per errore e sarebbe poi andato a finire in un campo dove successivamente la macchina si sarebbe incendiata per cause fortuite; nell’ipotesi di omicidio volontario, sostenuta dalla pubblica accusa e dalle parti civili, l’imputato avrebbe simulato l’incidente d’auto e, dopo aver “intontito” la consorte con il Tavor, avrebbe versato una tanica di benzina sull’auto e appiccato di proposito il fuoco di proposito per bruciare viva la moglie.
© Riproduzione Riservata