L’INCHIESTA
Ucciso per sedare una rissa
Chiuse le indagini sulla morte di Manuel Cantesani. Rischio di rinvio a giudizio per i due litiganti

Si mise di mezzo per dividere due conoscenti che si stavano picchiando.
«Dài, smettetela, non rovinatemi il compleanno».
Dopo pochi minuti Manuel Cantisani non c’era più. Steso a terra senza vita davanti alla discoteca Picasso, a Vergiate.
Nei giorni scorsi la Procura della Repubblica di Busto Arsizio ha chiuso le indagini a carico dei due litiganti, Luigi Cetraro e Marco Moncer: il primo - difeso dall’avvocato Corrado Viazzo - per omicidio preterintenzionale, il secondo - assistito dall’avvocato Cristina Marrapodi - per omicidio stradale.
Il pubblico ministero ha tempo per decidere se chiedere l’archiviazione oppure il rinvio a giudizio ma la prima ipotesi è in genere remota e in questo caso lo è ancor di più: il fascicolo viene già dalla richiesta di archiviazione che presentò il pm Martina Melita dopo circa un anno di indagini.
Il gip Piera Bossi rigettò e ordinò nuovi accertamenti perché i presupposti per cercare una responsabilità c’erano tutti. E ora è il momento di tirare le fila.
Il 20 maggio 2018, Cantisani voleva solo festeggiare i suoi 28 anni. Con gli amici era stato prima al Gilda di Castelletto Ticino, poi la fidanzata di uno del gruppo fece una scenata di gelosia per una cubista ammiccante e così se ne andarono tutti via per poi ritrovarsi davanti al Picasso: un amico della giovane oltraggiata e uno del fidanzato lumacone si affrontarono. Cantisani intervenne.
A parere degli inquirenti a quel punto Cetraro - che voleva picchiare Moncer - si sarebbe strappato la camicia di dosso e avrebbe dato uno spintone al ventottenne, facendolo cadere a terra, tra la Nissan di Moncer e una Fiat in sosta.
Cetraro avrebbe poi raggiunto Moncer che nel frattempo era salito in auto e gli avrebbe spaccato il finestrino: spaventato, Moncer avrebbe ingranato la marcia per scappare, schiacciando così la testa di Manuel, rimasto intrappolato tra il paraurti anteriore della Nissan e quello posteriore della Fiat.
Il gip Bossi, respingendo la richiesta di archiviazione, stigmatizzò le deduzioni del consulente cinematico «che del tutto inopinatamente, esulando dalle proprie competenze, ha ricondotto la morte all’impatto del capo con i resti taglienti di un palo segnaletico (...) e sostenuto altrettanto inopinatamente che le azioni aggressive di uno degli indagati e la condotta sulla via di fuga dell’altro non siano causa del decesso».
Alla famiglia Cantesani la riapertura dell’inchiesta apporta un grande sollievo, perché non avrebbe accettato di liquidare quella tragedia come una fatalità qualsiasi. Ora la mamma, il papà e le sorelle del ragazzo sperano in un giusto processo.
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