LA TRADIZIONE
Caro Sant’Antonio... Pienone al falò
Migliaia di persone alla Motta e auspici su amore e lavoro. Fiamme alte: stagione buona

Caro Sant’Antonio... trovami l’amore ma anche il lavoro. Questo il tenore dei bigliettini inseriti nella pira prima che il grande falò di Sant’Antonio Abate prendesse vita alle ore 21 (diretta sulla pagina Facebook de La Prealpina).
Da Attilio Fontana, governatore della Lombardia al sindaco di Varese Davide Galimberti, passando per l’onorevole Alessandro Alfieri, sono state tante le autorità politiche che hanno partecipato alla tradizionale cerimonia. E l’auspicio del governatore della Lombardia punta «al conseguimento dell’autonomia regionale».
Diciamolo subito: fiamme alte, anno buono. Così s’annuncia il 2019.
Migliaia - circa cinquemila, come lo scorso anno - sono state le persone in piazza stasera, mercoledì 16 gennaio, per assistere al grande fuoco questa volta con una temperatura sopra la media: circa 7° oltre lo zero.
Tradizione rispettata dunque in piazza della Motta, dove ancora una volta i Monelli hanno fatto centro, raccogliendo migliaia di persone, che hanno anche invaso via Carrobbio, piazza Monte Grappa e le vie del centro chiuse per l’occasione, anche per ospitare numerose bancarelle piene di goloserie.
È questo il senso di una tradizione che si rinnova grazie ai Monelli della Motta, che oggi per tutta la giornata hanno lavorato per accatastare bancali e preparare la grande pira, alta quasi sei metri, da bruciare sul sagrato della chiesa.
«Una volta si portavano anche i mobili vecchi», spiega Luisa Ambrosetti, usanza ora abbandonata perché fanno fumo e, di questi tempi, bisogna fare attenzione.
Ma il «fuoco è nostro amico», aggiunge il monello Gianandrea Redaelli, e la scelta di farne comunque il centro della festa, nonostante le devastazioni boschive di questi giorni, è «non solo per il mantenimento di una tradizione che neanche la guerra ha fermato, ma per evidenziare la differenza tra il fuoco che è benevolo, quando governato, contrariamente a quello selvaggio e incontrollabile».
Se dunque le prime tracce documentate di questo falò si devono alle suggestioni narrate dalla Cronaca Prealpina datata 1916, adesso è il tempo della vicinanza, testimoniata dalla statua del santo rimasta fino all’ultimo nella sua chiesa, prima di essere trasportata in processione, per accogliere preghiere e sogni dei varesini.
I quali, nella tradizione dei “desiderata” da affidare al fuoco, continuano a crederci, e rinnovano la loro fiducia all’Abate Antonio, qualcuno per chiedere salute, come Marco Rigon, e qualcun altro semplicemente per ringraziare e augurarsi maggiori possibilità di lavoro per i giovani, come nel caso di Emma Penna.
Il giovane Simone Pintori non svela il suo desiderio «perché se no non si avvera», ma dato che l’amore sembra averlo già trovato fa intendere che una “spinta” professionale non gli dispiacerebbe.
E poi ci sono Laura Piatti, che due bimbi li ha già e il terzo lo accarezza nella pancia, che chiede «come ogni anno protezione per la mia famiglia» e Silvia Gaggini, che rivolge lo stesso pensiero ai suoi affetti più cari.
Una tradizione, quella del bigliettino, cui neanche il sindaco Davide Galimberti ha voluto sottrarsi, anche se non è dato sapere per chiedere cosa.
Ma poco importa perché lì, in quella piazza un tempo luogo di incontro tra contadini e notabili per scambi commerciali, a contare ancora oggi sono «l’aria di festa che si respira - dice il primo cittadino - e il senso di appartenenza della comunità».
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