IL VERDETTO
«Massaggi» cinesi: due condanne
Due anni e mezzo alla donna che lo gestiva, un anno e quattro mesi alla proprietaria

C’è stato un momento, già una decina di anni fa, in cui anche in provincia di Varese hanno iniziato a proliferare i centri massaggio Tuina, dal nome di una delle tecniche millenarie legate alla medicina tradizionale cinese.
Non c’è voluto molto per capire che dietro il via vai di soli uomini in quegli apparentemente innocui centri benesseri, gestiti da giovani e graziose donne cinesi, succedeva qualcosa che andava oltre il semplice massaggio. Il «qualcosa» erano prestazioni sessuali che, a seconda della durata, comportavano al cliente esborsi anche fino a 100, 150 euro a sessione, sempre che le mogli non arrivassero a «reclamare» il marito.
A Cassano Magnano ce n’era uno che ha avuto un notevole successo: quello di via Venegoni. Dopo i sigilli, apposti dai carabinieri dopo tutta una serie di accertamenti innescati da ripetute lamentele di chi abitava nei pressi del centro massaggi a luci rosse, ora è giunta l’ora delle condanne per le due cinesi, a suo tempo denunciate. Un conto quantificato dal Tribunale di Busto Arsizio prima e dalla quarta Corte di Appello di Milano poi: due anni e sei mesi di reclusione per J.Y., 32 anni, individuata come il gestore di fatto del centro massaggio, accusata di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione; un anno e quattro mesi di reclusione per S.H., oggi 62 anni, legale rappresentante dell’impresa individuale esercente il centro massaggi con sede operativa a Cassano Magnago per il solo favoreggiamento della prostituzione.
Singolare la linea difensiva addotta dalla donna che aveva stipulato il contratto d’affitto dell’immobile in cui si svolgeva l’attività di meretricio: per affermare la propria estraneità, ha sostenuto di aver perso completamente la memoria, causa gravi problemi di salute. Ricordava solo di essere stata fermata in un giardino pubblico a Milano da una connazionale che le aveva chiesto di consegnarle il permesso di soggiorno. Permesso poi restituito molto dopo. Tranchant i giudici: «L’asserita perdita di memoria, per quanto suggestiva, non risulta in alcun modo supportata da idonea documentazione medica idonea a dimostrarne l’esistenza».
© Riproduzione Riservata