LA SFIDA
«La paura passerà, io apro»
Parla Andrea Lin, imprenditore cinese che sfida l’allarme coronavirus

La statale Saronnese è sempre più la strada del sushi. Cresce costantemente - in modo obiettivamente impressionante - il numero di ristoranti giapponesi gestiti però quasi sempre dai cinesi.
Da stasera, martedì 11 febbraio, ce ne sarà uno in più: il rinnovato Sushi Club, che inaugura la propria attività dopo una lunga e costosa ristrutturazione, alla faccia della paura coronavirus che sta mettendo in ginocchio queste realtà e con l’allarme che è piombato sulla scena, in maniera beffarda, proprio in concomitanza con l’ultima fase del cantiere.
Andrea Lin è l’imprenditore di origini orientali che ha scommesso su questo investimento. Ha solo 28 anni ma ha già messo in piedi un piccolo impero.
«È il settimo locale che apro», dice. «Oggi ne gestisco cinque, due a Castellanza, uno a Cesano Maderno, un altro a Saronno e un altro ancora a Corbetta. In passato ho iniziato la sfida da Legnano».
Lin, ma chi glielo fa fare di spendere soldi in questo momento così difficile?
«Certo non lo potevo prevedere a novembre, quando ho messo tante risorse in questo ristorante. Però io ora parto, con la certezza che tutta questa situazione negativa finirà. Non posso nascondere che sia un gran problema, ma ormai l’operazione era partita e adesso si va avanti».
Ma voi lo state sentendo l’effetto negativo del virus?
«Sì, molto meno che a Milano, ma certo che lo sentiamo. In via Paolo Sarpi nel capoluogo i colleghi toccano perdite del 60 o 70 per cento, qui invece la crisi si è fermata al 30 per cento. Non è poco, ma già nell’ultima settimana siamo migliorati del 10 per cento. Bisogna resistere, convinti che tutto questo passerà».
Ma lei la capisce questa paura degli italiani?
«Anche se è ingiustificata nei fatti, so come si ragiona in questo Paese e la diffidenza che c’è verso le cose che non si conoscono, pensando che i rischi arrivino da loro. D’altronde sono arrivato qui che avevo sette anni, a tredici già lavavo i piatti in pizzeria, ho frequentato le vostre scuole, ho imparato la mentalità. Quindi so bene che, per essere accettati, ci vuole tempo».
A parte questa influenza minacciosa, sulla Saronnese non siete troppi?
«Può sembrare, ma in realtà la risposta è buona, perlomeno lo era prima di questo problema. Il punto è che voi volete qualità e chi la offre ce la fa, trasmettendo fiducia».
Di fronte alla minaccia mondiale e alla fuga di clienti, non ha pensato almeno di rinviare l’inaugurazione?
«No, perché oggi non bisogna trasmettere paura. E poi ho preso impegni con tante persone, dai fornitori ai dipendenti, che sono metà cinesi e metà bengalesi. Noi cinesi onoriamo i debiti. Sono certo che si debba procedere a testa alta e che pian piano, quando si vedrà che l’allarme non va esageratamente amplificato, tutto tornerà come prima».
Intanto la Saronnese, fra poche ore, rafforzerà la sua nomea di strada del sushi.
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