LA DISGRAZIA
Schiacciato dall’auto, il ricordo della figlia: «Lo chiamavano Archimede»
Vittorio Bruno Tondo, 95 anni, è morto nel giardino della casa di Castelveccana dove era nato. Apicoltore e inventore, non si fermava un attimo

Stare con le mani in mano non era proprio nelle sue corde, nonostante i 95 anni, 96 da compiere: era ancora in splendida forma e si è dedicato alle sue passioni fino all’ultimo istante. Fino a quel maledetto lunedì pomeriggio (l’altro ieri), quando è sceso per aprire il cancello della proprietà e la sua stessa auto, muovendosi in discesa forse per un difetto al freno a mano, l’ha schiacciato contro la recinzione, senza lasciargli scampo. È mancato così, nella dimora del cuore, Vittorio Bruno Tondo, il pensionato residente a Cerro di Laveno Mombello ma nato e vissuto poco più a nord della sponda, a Castelveccana, sempre con il lago Maggiore negli occhi.
SEMPRE IN ATTIVITA’
Struggente il ricordo della figlia Sabina: «Lavorare era la sua meditazione, lo ripeteva spesso - dice con grande disponibilità, nonostante lo choc e il dolore -. Ha iniziato da bambino e non ha mai smesso, così si teneva in forma nella mente e nel corpo. Tutto lo appassionava, la meccanica, l’elettronica, l’apicoltura, la lettura, l’orto e il giardinaggio, aveva mille interessi. I suoi colleghi lo chiamavano Archimede, per la sua capacità di inventarsi degli attrezzi per ogni utilizzo».
La sua carriera si era sviluppata alla Ceramica Lavenese, come meccanico: «Era stimato per la sua inventiva - ricorda ancora la figlia -. Da una montagna di scarti, sapeva scovare il pezzo giusto per creare l’attrezzo adatto a riparare un macchinario rotto. Aveva una vera e propria genialità che manifestava in tantissimi campi e così è arrivato ad avere una mente brillante anche a quell’età».
GIOIE E DOLORI
Una vita piena di soddisfazioni e impegno, nonostante dolori strazianti come la perdita della moglie («a cui teneva tantissimo») e del figlio che gli ha dato uno splendido nipote. Senza dimenticare un’altra ferita antica e mai sanata, quel fratello amatissimo ucciso nella campagna di Russia come tanti, troppi giovani inghiottiti nella follia della Seconda guerra mondiale. «Lui ne parlava sempre e ancora di recente piangeva ricordandolo - dice ancora Sabina Tondo -. Era un uomo di lago che amava vivere in mezzo alla natura: fin da piccolo adorava pescare, andare nei boschi a cercare castagne, non solo per divertimento ma anche per trovare del cibo per la sua famiglia numerosa, arrivata dal Friuli negli anni Venti in un periodo duro, quando c’era la fame. Ci teneva a ricordare le sue origini anche se era nato e vissuto qui, proprio in questa stessa casa dove se ne è andato».
IL SALUTO AL CIMITERO
Per salutarlo, seguendo le sue volontà, non ci sarà una cerimonia funebre, ma un saluto al cimitero di Cerro, la frazione di Laveno dove era residente: domani alle 15 parenti e amici diranno addio a un uomo d’ingegno e sensibilità, discreto ma stimato, che si divideva fra le due case sulla riva del Verbano. Lavorando e creando fino all’ultimo giorno.
© Riproduzione Riservata