MORTI IN CORSIA
Cazzaniga, pronti per l’appello
Tutti fanno ricorso contro la sentenza di primo grado. E Taroni va in Cassazione

Leonardo Cazzaniga si prepara al processo d’appello. Contro la sentenza della corte d’assise presieduta da Renata Peragallo - che l’ha condannato all’ergastolo per dodici omicidi - ha innanzitutto presentato ricorso il procuratore capo Gianluigi Fontana, per ottenere il riconoscimento delle responsabilità dell’ex viceprimario del pronto soccorso anche nel decesso del paziente Domenico Brasca.
Stesso atto compiuto dall’avvocato Fabio Falcetta, difensore delle figlie di Brasca. Nulla da eccepire sulle altre due assoluzioni, quella per la morte di Maria Rita Clerici (madre della compagna Laura Taroni) e per la morte di Antonino Isgrò. Le parti civili hanno impugnato la sentenza per il mancato riconoscimento come responsabili civili dell'Asst Valle Olona - assistita dall’avvocato Giuseppe Candiani - e di Nicola Scoppetta (primario del reparto di Cazzaniga) e la quantificazione dei risarcimenti, ritenuta troppo modesta.
Manco a dirlo, hanno impugnato anche i legali di Cazzaniga, Ennio Buffoli e Andrea Pezzangora e per motivi antipodali: Cazzaniga non intendeva uccidere bensì lenire le sofferenze dei malati terminali, dunque si tratterebbe di una fattispecie di colpa medica e non di omicidio volontario.
Martedì l’ex viceprimario è comparso davanti al gip Piera Bossi per un fascicolo aperto con l’accusa di diffamazione nei confronti dell’infermiera Jessica Piras: il pm aveva chiesto l’archiviazione ma il giudice ha respinto per avere la possibilità di leggere il verbale dell’udienza in cui il medico si difese dalle accuse della donna, definita «infermiera borderline».
Appuntamento in cassazione l’11 settembre per Laura Taroni, ex amante di Cazzaniga che, difesa dall’avvocato Monica Alberti, è stata condannata a trent’anni con rito abbreviato per l’eliminazione del marito, Massimo Guerra e della madre Maria Rita. È prevedibile che i giudici della suprema corte annullino il verdetto d’appello e che ordinino un nuovo processo di secondo grado: le motivazioni depositate dalla corte d’assise d’appello di Milano erano prive di una quarantina di pagine. Classico caso di nullità.
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